Gli «skyline» della memoria

«La fortuna di Aldo Rossi architetto si è, fin dagli esordi arricchita della speculazione teorica, della prassi accademica e della ricca e felice attività artistica correlata alla progettazione architettonica. Sebbene impossibile separare la figura di Rossi - uno dei maestri indiscussi dell’architettura italiana e internazionale del secondo dopoguerra - dagli appunti personali e dalle riflessioni in forma di segno e colore che si muovono tra lo scavo della memoria dei luoghi e della forme arcaiche e assolute che ha amato e progettato per tutta la vita».
È con questa premessa che Germano Celant, curatore della mostra «Disegni di Aldo Rossi» alla Galleria Giò Marconi (via Tadino, 15; fino al 17 maggio, catalogo Skira), introduce all’esposizione. Si tratta di una quarantina di opere fondamentali per comprendere il percorso progettuale dell’artista milanese, autore anche del quartiere Gallaratese di Milano (1968): un percorso che va dagli anni Sessanta agli anni Novanta.
Architetture disegnate con acquerelli o matita nera, con pennarelli o collage, tempere o pastelli: la selezione delle opere esposte di Aldo Rossi (1931-1997), ripropone agli occhi del pubblico dopo molti anni di assenza non solo il legame profondo dell’architetto con il disegno e il suo inesauribile desiderio di elaborazione del progetto attraverso di esso, ma anche il valore unico dei disegni e degli studi come opera d’arte: «Nell’apparente copia di un disegno emerge la conoscenza come dato o interesse attuale ed è il progetto stesso che diventa memoria».
Titolare fin dal 1959 della cattedra di Urbanistica e progettazione al Politecnico di Milano - e poi anche di quella di «Caratteri degli edifici» - in seguito alle occupazioni del movimento studentesco (pur essendo in linea con la protesta entra in polemica con il rettorato come Canella e Portoghesi) Aldo Rossi si trasferì prima al Politecnico di Zurigo e poi a metà degli anni Settanta allo IUAV di Venezia dove gli viene assegnata la cattedra di Composizione. Instancabile, Rossi inizia la sua collaborazione stretta con le università americane: la Cooper Union University, l’Institut for Architecture and Urban Studies, Harvard e Yale University.
Tra i suoi lavori, la ristrutturazione del Teatro «Carlo Felice» di Genova (1989), l’ampliamento dell’aeroporto Milano-Linate (1993), l’isolato di Berlino tra la Kochstrasse e la Friedrichstrasse, l’Hotel «Il Palazzo» di Fukuoka (1989) e a Maastricht il Bonnefanten Museum (1994) fino alla ricostruzione del Teatro «La Fenice» di Venezia. Ma lo stesso Rossi amava ricordare soprattutto i suoi esordi: il Cimitero di San Cataldo di Modena, l’ampliamento della scuola “De Amicis” di Broni, il Teatro del Mondo di Venezia, la Scuola elementare di Fagnano Olona, gli edifici pubblici di Fontinvegge (Perugia) e Borgoricco.
Come architetto e studioso Rossi viene nominato Accademico di San Luca nel 1979 e viene insignito del Pritzker Prize nel 1990; l’anno seguente riceve la Thomas Jefferson Medal in Architecture. La sua fama di design cresce per la collaborazione con Alessi, Artemide, Longoni, Molteni, Unifor.

Come storico e teorico dell’architettura, invece, lavora con le riviste Casabella, Società e Contemporaneo, oltre a dirigere la sezione internazionale di Architettura alla Triennale di Milano (1973) e della Biennale di Venezia del 1983. A Milano lascia nel 1990 il monumento a Sandro Pertini in Largo Croce Rossa.
Disegni di Aldo Rossi
Galleria Giò Marconi
(via Tadino 15)
Fino al 17 maggio
Ino: 02.29404373

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