Lo slalom tra le tasse da Tomba a Re Leone

Valentino Rossi è soltanto l’ultimo della lista. Sono tanti i campioni bravi a sollevare trofei e coppe di ogni sorta, quanto a sparire magicamente dalla scena quando di mezzo c’è la parola tasse. Sono parecchi gli sportivi di primo piano finiti nel mirino del fisco per evasioni colossali. Ben cinque miliardi di euro sottratti allo Stato italiano in cinque anni, secondo la stima diffusa dal sito Contribuenti.it: un bilancio davvero sostanzioso.
Il sistema, semplice e intuitivo, è sempre lo stesso: si va a vivere all’estero. Sulla carta, però, sia chiaro. Agevolati da sistemi fiscali decisamente più bassi di quelli del nostro Paese, gli assi sportivi trasferiscono la residenza fuori dai confini italiani, spostandosi preferibilmente nel Principato di Monaco o in Gran Bretagna.
Verificare quanto dichiarano non è impresa facile: di fatto, si tratta di giramondo in costante movimento. Ma quando l’accertamento va a buon fine, la stangata - ahiloro - è spesso inevitabile.
Così è andata per Alberto Tomba (residente a Montecarlo, per l’appunto), cui sul finire degli anni Novanta fu contestato di aver spostato ingenti somme di denaro nei «paradisi fiscali» esteri: lo sciatore bolognese plurimedagliato e campione del mondo venne poi assolto, dopo aver saldato il suo debito col fisco, pari a dieci miliardi di lire.
Pochi anni fa, al «compaesano» Mario Cipollini, 189 vittorie in carriera e titolo ai mondiali di ciclismo su strada del 2002, lo sprint verso il Principato costò una contestazione di circa cinque milioni di euro, ridotti in seguito a uno. Il Re Leone incassò e rilanciò, sostenendo che la città del Casinò fosse stata davvero la sua casa per quattro anni, dal ’97 al 2003.
Colleghi illustri di Vale - e non solo sulle moto, a quanto pare -, Loris Capirossi e Max Biaggi hanno dovuto versare nelle casse dello Stato cifre a sei zero non dichiarate in precedenza: furono otto i milioni evasi, fra il ’95 e il ’98, dal 34enne romagnolo della Ducati, beccato dagli ispettori in Italia, a casa sua (quella vera).
Tasse e sport è un binomio che non funziona neanche all’inverso, se è vero che il dio del calcio Diego Armando Maradona deve all’Erario italiano la bellezza di trentun milioni di euro.

Perciò il fisco si è organizzato, pignorandogli, negli ultimi viaggi in Italia, il compenso per uno show televisivo a cui aveva partecipato e sequestrandogli due Rolex. «Ma - avverte Giuseppe Pedersoli, legale del Pibe - Rossi e Maradona sono due casi diversi. Diego è colpevole solo di non aver ricevuto l’avviso di accertamento nel 1991».

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