Laura Cesaretti
da Roma
Sarà perché i protagonisti dello scherzetto di ieri sono esattamente gli stessi dellinfausto autunno del 98, quando per un voto Prodi perse Palazzo Chigi: Bertinotti (che oggi sta a Montecitorio), Marini (che oggi sta a Palazzo Madama), DAlema (che oggi è in pista per il Colle più alto). Fatto sta che cè chi giura che ieri sera, informato che il neo-presidente della Camera stava per annunciare ufficialmente la convocazione dei Grandi Elettori per l8 maggio, il Professore, furioso, sia sbottato in un grido di dolore: «Questo è un complotto contro di me!».
Sarà uno slittamento «di pochissimi giorni», cerca di far buon viso a cattivo gioco Prodi, che però ieri, raccontano, era ragionevolmente certo che lincarico gli sarebbe stato conferito da Ciampi entro la settimana, e che dunque il suo sospiratissimo governo (il Professore sta appeso dall11 aprile, tra poco sarà un mese) sarebbe riuscito a decollare a tappe forzate prima della complessa partita del Quirinale. Per tutta la giornata di ieri laustero palazzo di piazza Santi Apostoli, sede provvisoria del premier in pectore, sembrava il fondale di una farsa di Feydeau: entra DAlema, segue Fassino. Escono DAlema e Fassino. Entra Rutelli, segue Franceschini. Ritorna DAlema, segue Fassino. Arriva Parisi. Escono Rutelli, Franceschini, DAlema e Fassino, resta Parisi. Arriva Di Pietro. Seguono Pannella e Villetti. DAlema sorrideva sornione: «Noi Ds siamo sostanzialmente pronti con la squadra di governo. Se io entro? Questo è un segreto».
Il segreto durava poco: DAlema ha accettato di fare il ministro degli Esteri, cominciavano ad annunciare i boatos dellUnione, e farà anche il vicepremier. Rutelli sarà laltro vicepremier, e ministro dei Beni Culturali (come Veltroni nel 96). Parisi agli Interni, in cambio del via libera al doppio incarico partito-governo per Rutelli. E Fassino? «Non possiamo chiudere baracca e burattini, uno di noi due deve restare al partito», sarebbe stato lultimatum del presidente della Quercia durante un colloquio animato. Fassino fuori dal governo, dunque, per riuscire a tenersi il Botteghino. Perché «se io vado alla Farnesina, mi dimetto un minuto dopo dal partito», avrebbe detto sempre DAlema. Con levidente sottinteso: tu come faresti a non dimetterti da segretario, una volta entrato al governo? Prodi sperava di avercela fatta, ma nel frattempo DAlema e Fassino lavoravano per la partita «Quirinale ai ds». Prima un colloquio con Marini: per escludere sue ambizioni quirinalizie (girava voce che Berlusconi potesse tirar fuori il suo nome) e assicurarsi la sua collaborazione: «Io ti sostengo, Massimo», avrebbe detto lui secondo i dalemiani. E il sostegno doveva passare attraverso il via libera allanticipo del voto per il Quirinale, grazie alla strada aperta dalla Cdl con il lancio del Ciampi-bis. Sullanticipo si è incassato anche lok di Bertinotti, sottoposto per tutto il giorno al forsennato pressing di Prodi da una parte e dei ds dallaltra. Lhanno spuntata loro, e sarà l8 maggio. A sera, la sudata lista dei ministri di Prodi era da buttare. «Tutto congelato», annunciavano al Botteghino.
Slitta lincarico e Prodi si infuria: «Un complotto»
Il leader dellUnione furibondo con i suoi: sperava di far partire subito il governo. Quercia al lavoro per portare DAlema al Quirinale
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