«So già cosa diranno: ho fatto un film furbo»

Cinzia Romani

da Roma

Sulla carta, è una coppia perfetta. Lui, giovanotto che vaga disancorato dalla figura paterna e l’altro, uomo di mezz’età troppo preso dalle camporelle per seguire la figlia, finiranno per scegliersi, mentre prima si odiavano. Sullo schermo (da venerdì) Il mio miglior nemico di e con Carlo Verdone, qui pure sceneggiatore e soggettista, presenta credenziali da prodotto della miglior bottega romana. Perché Verdone è Verdone e da lui ci si aspetta che faccia ridere, mentre Silvio Muccino, fratello attore del più celebre Gabriele, regista accasato negli Usa, fa Muccino. Ovvero il vecchio bambino con la zeppola in bocca, adorato dalle ragazzine che vanno in visibilio per la sua strafottenza quirite. «Ti voglio umiliare. Ti voglio rovinare», minaccia l’Orfeo da lui interpretato in questo film prodotto da Luigi e Aurelio de Laurentiis (budget: tre milioni e mezzo di euro).
Oggetto di tanto rancore è il povero Achille, già direttore d’ albergo, prima d’incocciare nel pestifero ragazzetto, che lo inguaierà. «Ho perso la moglie, la figlia, il lavoro e l’automobile», piagnucola il malcapitato davanti ai brutti ceffi, che probabilmente gli han fregato la macchina, appena la moglie (Agnese Nano), saputo del suo palco di corna, l’ha cacciato di casa. E chi c’è, dietro l’angolo, pronto a guidare questo surrogato d’un padre mai conosciuto (fino a un’inutile agnizione), per le strade di Roma? Lui, il figlio di buona donna (Sara Bertelà). Ed è ancora lui quello che, mentre vendica la madre ex cameriera, licenziata da Achille per un furto in albergo, troverà un padre, se non genetico, morale, proprio nel maturo antagonista. Ma si ride? Qua e là. E si piange? Non proprio.
«Obietteranno che abbiamo fatto un film furbo e per questo dobbiamo essere bravi il doppio», racconta Verdone d’aver detto a Muccino, che per migliorare la sua disastrosa dizione si è esercitato con una matita sotto la lingua. «Ho cominciato a scrivere il film un anno e due mesi fa: puntavo allo scontro generazionale, ma non volevo ripetere In viaggio con papà», spiega l’autore, ora sotto contratto quinquennale con Aurelio De Laurentiis, all’estero provvisto di un’adeguata rete distributiva. Girato tra Roma, Sabaudia, il lago di Como, Ginevra e Istanbul, Il mio miglior nemico ha già acquirenti internazionali e viene da sette stesure. Nei panni del perbenista, Verdone allinea gag collaudate, come ai tempi del suo sodalizio con il mentore Alberto Sordi. E qui il testimone passa al giovane collega, nel ruolo dello sfigatello come in Che ne sarà di noi. «Il mio personaggio? È un ragazzo del popolo senza ambizioni, un figlio di se stesso», riferisce Muccino, gilet verde cangiante e cravatta allentata su camiciola bianca da pariolo sgualcito-chic.
«Questo film mi ha subito interessato, anche se Orfeo non poteva permettersi la leggerezza dei miei film precedenti. Poi, io mi attacco alle debolezze dei personaggi che interpreto», svela l’attore classe 1982. Come co-sceneggiatore, Muccino porta l’esperienza del suo universo giovanile. «Per me il mondo del cinema è un magma, dove non so cosa sia raccontare, cosa sia scrivere» . E se Verdone gli ha dato il coraggio di buttarsi in questo ruolo, resta lo scoramento che viene da una società senza certezze.
Non si riconosce, invece, nel proprio ruolo Verdone: «Nella vita vera, sono un padre presente. Mi riconosco nella scena finale del film, perché con mia figlia, anni fa, feci un bel viaggio a Istanbul».

Amareggiato per aver perso vent’anni di carriera dietro al precedente produttore di riferimento (Cecchi Gori), restio a veicolare i film del comico sul mercato internazionale, Verdone ora ha trovato pace. Ed anche le brave attrici romene Ana Morariu (fa la figlia Cecilia) e Corinne Jiga (l’amante di Monte Antenne).

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