La soap piange: le donne preferiscono il reality

Meglio la vita "vera" degli intrighi. Gli esperti pronosticano la fine di un genere che ha fatto storia. E negli Stati Uniti parte la serrata delle serie più famose

La soap piange: le donne  preferiscono il reality

Qualcuno ha già pronosticato una data: 2020. L’anno in cui per le soap opera non ci sarà più spazio, in tv. The end. Così va in America, perché così dicono i guru del marketing, le indagini sul pubblico, le cifre degli ascolti. In calo, senza speranza, da anni. Ed ecco che anche per le storie senza fine arriva la conclusione, un po’ ingloriosa, certo non drammatica come si conviene ai loro intrecci infiniti, certo niente a che vedere con intrighi, incesti, fratellastri, colpi di scena, no, è soltanto una questione di calcolo e di tempi che cambiano: il prodotto ormai costa tantissimo e vende troppo poco, dicono gli esperti americani. Pazienza se le loro madri saranno scontente e terranno il muso, le donne di oggi vogliono altro. Domani chiude All my children, che in italiano è la famosa Valle dei pini, serie storica che ha fatto compagnia a milioni di spettatrici per quaranta anni e rotti: la Abc manda in onda l’ultima puntata e poi addio, al suo posto arriverà un programma di cucina glamour che si intitola The Chew (tradotto significa «la masticata»...).
All my children è stato una specie di istituzione, la protagonista Erika, cioè l’attrice Susan Lucci, uno dei volti più amati e conosciuti della tv americana, e i fan hanno protestato. Ma niente è servito a fare cambiare idea ai signori della Abc, dopo che a marzo la serie ha registrato il picco più basso di sempre: appena 463mila spettatrici nella fascia clou, quella fra i 18 e i 49 anni. Che è come dire: fra le donne più giovani non ha futuro. E infatti gli studi del settore dicono che le spettatrici ormai hanno cambiato stile di vita, lavorano, hanno poco tempo, hanno altri gusti: i sogni da soap opera non fanno più per loro, quelle trame lente, infinite, labirintiche, da seguire in ogni dettaglio, in ogni alzata di sopracciglio, in ogni sillaba sussurrata a mezza bocca, in ogni nuovo tassello di un albero genealogico imprevedibile quanto irrealistico.
La fine sembrava impossibile e invece alla fine arriva, travolge tutto un mondo di finzione così paradossale, così eccessiva da essere rassicurante, una presenza familiare, quei personaggi chirurgicamente perfetti che da anni facevano bella mostra nei salotti e nelle cucine di migliaia di case. Dopo 42 anni chiude anche One life to live (Una vita da vivere), che a gennaio 2012 dovrà fare spazio a un reality, protagoniste delle donne che dovranno perdere peso (dovrebbe chiamarsi The Revolution, e non è chiaro il perché).
Un autore di All my children ha confessato a Foxnews che nel settore tutti sanno che non ci sono chance, e sperano di riciclarsi nei reality. Le soap destinate a estinguersi come il dodo, le cabine del telefono, le cartoline. Dicono che la crisi sia cominciata negli anni Novanta: un periodo di splendore, i primi anni di Beautiful; poi il processo a O.J. Simpson e il primo distacco. Il pubblico ha scoperto che la realtà poteva essere ancora più succosa delle soap, e ha girato canale. La Cbs ha cancellato Guiding Light nel 2009 (la storica Sentieri) e As the world turns (Così gira il mondo) nel 2010, poi la decisione della Abc. Si dice che anche per Beautiful il destino sia segnato. Perfino il Washington Post ha sparso qualche lacrima di rimpianto per «le nostre storie»: «Qualcosa di valore si perde nella cultura». E qualcuno potrà pure sorridere, ma da anni milioni di donne sognano con le telenovelas, e i produttori hanno macinato miliardi. Però poi questi drammoni non è che siano finiti del tutto, All my children e One Life to live si trasferiranno su internet: come in origine erano passati dalla radio alla tv, oggi si muovono su un mezzo più nuovo.

Del resto l’ultima puntata di All my children, domani, parla di resurrezione: un amante che rispunta dal mondo dei morti, un classico del genere, quasi a tentare di smentire certi profeti. Che guardano al business, non hanno l’immaginazione di certe donne, e di certi sceneggiatori.

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