Socialdemocrazia tedesca addio, la stampa di sinistra la stronca

La sinistra rimasta ai miti dell’Ottocento, all’operaismo senza operai, agli slogan slegati dalla realtà e perfino dalla lingua che parla la gente reale. Una realtà solo italiana, con i Chiamparino e i Renzi stufi di una classe dirigente da rottamare? Ma no. Basta dare un’occhiata ai nostri vicini europei. Alla Germania, per esempio, culla della socialdemocrazia e oggi palcoscenico della decadenza del relativo partito. I sondaggi degli ultimi mesi registrano impietosamente a sinistra il sorpasso della più che centenaria Spd da parte dei Verdi, un movimento meno ingessato e più in sintonia col sentire delle nuove generazioni. E l’appena iniziato 2011, con le elezioni regionali programmate in sette delle sedici regioni tedesche, fa paura.
Le teste d’uovo socialdemocratiche si sono applicate alla stesura di un programma che permetta la riscossa di un partito relegato all’opposizione, ma nemmeno la stampa schierata a sinistra lo apprezza. Anzi, da quelle parti i commenti sarcastici e in diversi casi addirittura sprezzanti sono la regola. La logora e immodificabile ricettina del tassa i ricchi e spendi per i poveri disturba e irrita, specialmente quando i “ricchi” da spremere sono i single percettori di redditi lordi sopra i centomila euro, o le coppie coniugate che superano i duecentomila. Per questi cosiddetti paperoni la Spd ha pronta una bella sorpresina: su l’aliquota dal 42 al 49 per cento, e tanti saluti alla cara memoria dell’ex cancelliere socialdemocratico Gerhard Schröder, uno che la classe media la rispettava e che quella aliquota l’aveva abbassata di ben undici punti.
Sorvolando sulle ironie della Frankfurter Allgemeine Zeitung (che progressista non è) sul nuovo modello fiscale proposto dai socialdemocratici, la piattaforma uscita dalla direzione che la Spd ha tenuto a Potsdam viene stroncata dal progressista Süddeutsche Zeitung, che è tra l’altro il principale giornale tedesco se si esclude il tabloid Bild. Cominciando le critiche dal “nuovo” slogan elettorale approvato dalla direzione della Spd («Fortschritt», ossia «progresso» in un linguaggio parecchio libresco) il quotidiano di Monaco osserva che «sarebbe già un grosso progresso se i dirigenti socialdemocratici scrivessero in tedesco» e infierisce chiedendosi «come abbiano fatto i tre massimi esponenti della Spd, tutti con ambizioni da cancelliere, a confezionare una simile porcheria, che è tutto meno che un progresso».
La Süddeutsche non è sola: il Westfalen-Blatt, che si rivolge agli elettori socialdemocratici del Nord-Reno-Vestfalia, dove la Spd è abituata a trionfare, commenta severamente che «se il nuovo modello fiscale dovrebbe avvantaggiare chi guadagna meno di tremila euro lordi al mese, qualcuno dovrà pur finanziarlo: a essere colpita sarà quindi la classe media, già adesso ufficiale pagatore del Paese». Una bella bastonata, che sembra assestata da Schröder in persona. Ma la Rheinische Zeitung va oltre, definendo piatto piatto «incostituzionale» il programma socialdemocratico.
Un bel successo mediatico, non c’è che dire.

E il parallelo con le difficoltà del nostrano Pd, perennemente lacerato sul da farsi e invischiato in un’improvvisazione che sembra diventata il suo marchio di fabbrica, sorge automatico: chiacchiere a parte di progresso in vista, anche lì, se ne vede poco.

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