"La società del futuro avrà al centro la longevità"

L'economista Andrew J. Scott studia i mutamenti legati a una popolazione sempre più anziana: "Invecchiare bene è una priorità"

"La società del futuro avrà al centro la longevità"

Quando chiede ai suoi studenti di Economia alla London Business School quali siano le grandi questioni da affrontare a livello globale, la risposta è sempre la stessa: l'Intelligenza artificiale e il clima. E invece Andrew J. Scott, già professore a Oxford e alla London School of Economics, insegna che c'è anche altro di cui occuparsi: una società dove l'età media è sempre più elevata, dove nascono meno bambini ma si vive molto più a lungo e che ci pone quindi di fronte a un cambiamento epocale. La ricerca di Scott riguarda l'economia della longevità: ha scritto due bestseller, The Hundred Year Life (2016) e The Longevity Imperative (2024); ha cofondato The Longevity Forum; tiene un corso di «Business of Longevity». Di questi temi parla oggi al Festival internazionale dell'economia di Torino.

Professor Scott, che cos'hanno in comune l'economia e il corpo umano?

«L'economia è un sistema complicato, soggetto a grandi choc esterni, che all'interno hanno effetti plurimi, i quali a loro volta si moltiplicano. E così è il nostro corpo, del quale comprendiamo sempre più la biologia».

Infatti ci curiamo sempre meglio e viviamo sempre più a lungo...

«Abbiamo trovato il modo di guarire da numerose patologie, come il morbillo o la polio. Nell'ultimo secolo ci siamo concentrati sulle malattie; ora è il momento di concentrarci sulla salute».

Che cosa significa?

«Se ci ammaliamo di diabete o di demenza, non c'è molto da fare; quello che possiamo fare però è evitare di ammalarci: questo sì che è risolutivo... La longevità porta con sé molte malattie croniche, perciò dobbiamo concentrarci sulla salute, per prevenirle o rallentarne la comparsa, e chiederci: che cosa possiamo fare per invecchiare meglio?».

Come se ne occupa lei?

«Da economista. Quando spiego che mi occupo della società della longevità, i più si spaventano. Eppure, il fatto di potere invecchiare è un risultato enorme. In Italia, entro trent'anni, il diciotto per cento delle persone avrà più di 80 anni e una su tre ne avrà più di 65. La maggior parte pensa che questo non li riguardi; invece, tutti noi saremo una di quelle persone, e dobbiamo prepararci. E iniziare adesso».

Perché è importante?

«Se l'aspettativa di vita è di 90 anni, dobbiamo prepararci a vivere in maniera molto diversa: nelle abitudini, nel lavoro, nelle relazioni, nel modo di pensare alla famiglia... Possiamo cambiare il modo in cui invecchiamo, con l'idea di essere in salute, produttivi e impegnati per lungo tempo. Questi anni in più sono un'opportunità».

Che cosa comportano?

«Se dobbiamo fare più cose, dobbiamo spendere di più: quindi, per vivere più a lungo, dobbiamo anche lavorare più a lungo. Mi spiace, ma è impossibile evitarlo. Però il lavoro può essere diverso».

Come?

«Nel XX secolo abbiamo suddiviso l'esistenza in tre fasi: l'istruzione, il lavoro, la pensione. Se però in futuro avremo più tempo dopo la pensione, e dovremo lavorare più a lungo, potremo collocare il tempo libero in momenti diversi: iniziando a lavorare più tardi, facendo delle interruzioni e prendendoci del tempo per occuparci dei figli o dei famigliari e poi tornando a lavorare».

A una certa età non si è stufi di lavorare?

«Si può lavorare part-time. Oppure si può organizzare la settimana su quattro giorni lavorativi, con un weekend lungo. Il punto è che dobbiamo disegnare la nostra vita in modo diverso».

Per molti Stati, le pensioni sono un incubo.

«Negli ultimi dieci anni, in Italia, il 130 per cento di aumento nell'impiego è dovuto a lavoratori sopra i 55 anni. Questo significa che il grosso del Pil deriva dalle persone non più giovani. Quindi il punto è: come faccio a mantenere al lavoro le persone fra i 50 e i 67 anni?»

Ha la risposta?

«Aiutandole a rimanere in salute; con lavori age-friendly, cioè adatti anche a chi è più anziano, lavori che impegnino e gratifichino; favorendo il trasferimento di chi ha impieghi faticosi. Dobbiamo concentrarci sul fare restare le persone al lavoro il più a lungo possibile, non fino a 80 anni, ma fino a 67: questa è la sfida».

Che altro?

«Aiutarle ad aumentare la produttività, attraverso la formazione in età adulta e offrire loro maggiore flessibilità. Alle persone piace essere impegnate, attive e utili».

È questa la «Evergreen agenda», l'agenda sempreverde?

«È quella che punta a farci rimanere in salute, con un ruolo rilevante e impegnati. Siamo abituati a pensare all'invecchiamento come alla fine della vita; invece la longevità è più importante per i miei figli che per me».

Come si fa ad accettarlo?

«Serve un cambiamento di mentalità. Dobbiamo pensare a che cosa faremo a 90 anni: spostare il focus dagli anni cronologici a quelli biologici e, soprattutto, a quelli che ci aspettano».

Le priorità dell'agenda?

«Se sei un governo, devi concentrarti sulla salute dei cittadini, e non più sulle malattie; perché solo le persone in buona salute resteranno al lavoro più a lungo. E poi favorire forme di lavoro age-friendly. Se sei un'azienda, devi comprendere che non tutti gli over 55 sono incapaci, anzi; e adattare le tecnologie e le forme di contratto a questa popolazione nuova, sia come forza lavoro sia come potenziale clientela».

E le persone?

«A livello individuale, dovremmo investire su ciò a cui teniamo di più: nuove abilità, salute, soldi, lavoro, formazione, amicizie, amore, famiglia...

Questo è essere rilevanti, essere sempreverdi. È un grande cambiamento, sociale e personale insieme, importante quanto l'Ia o il clima. E, come l'Ia e il clima, è qualcosa di cui dobbiamo renderci conto e a cui dobbiamo adattarci».

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