
«Abbiamo costruito una società dove l’aborto è ormai un metodo anticoncezionale a tutti gli effetti. Il risultato è l’inverno demografico che rischia di condannare alla povertà il nostro Paese: sempre meno giovani dovranno mantenere sempre più a lungo un numero sempre maggiore di anziani sempre più longevi. L’aborto va limitato, non ampliato. Va tutelato il diritto del feto». Filippo Maitan, 29 anni, originario di Ceriano Laghetto, è cofondatore di “Fare Bene“, associazione di Promozione Sociale con l’obiettivo di denunciare la “rimozione“ del cristianesimo «come elemento essenziale dell’edificio italiano, europeo, e occidentale».
Una posizione forte. Che rischi vede altrimenti?
«Rischiamo la scomparsa della nostra civiltà, sostituita da popoli che disperderanno il nostro patrimonio culturale, linguistico e religioso. Ripudiando la pietra angolare dell’edificio che chiamiamo Italia (ma anche Europa ed Occidente), cioè la fede cristiana, accettiamo di assistere, inerti, a questa cronaca di una morte annunciata. La cristianità è l’elemento fondativo della nostra civiltà, il soffio vitale che l’ha resa grande e potente nei secoli, ma oggi è motivo di vergogna. Sacrifichiamo tutto sull’altare del progresso. Ma uccidere Dio non ci renderà più liberi. E questo ha diversi colpevoli, anzitutto amici...»
E chi sarebbero?
«Sono i sedicenti cattolici impegnati in politica. Scaltri, opportunisti quelli di sinistra, che fraintendono il cattolicesimo con l’umanitarismo. E timorosi e inconcludenti quelli di destra. Entrambi evitano di riflettere davanti ad una civiltà che si avvicina, ogni giorno di più, al baratro. Ci vorrebbe una personalità come Gianni Letta, sarebbe un rappresentante cattolico perfetto. Serve gente simile a difesa dell’idea di un’Italia romana e
cristiana, che sopravviverà solo se avrà il coraggio di stoppare la legge 194, a difesa della famiglia naturale».
Perché la famiglia naturale non le pare tutelata?
«La vedo costantemente messa in discussione. Invece il matrimonio può essere solo tra uomo e donna, perché il suo fine consiste - almeno in potenza - nel fare figli. Ed è pacifico che una coppia omosessuale non possa farne, per natura. Per questo serve sbarrare la strada al cosiddetto matrimonio egualitario. Non si tratta di discriminazione, ma di una scelta di adesione al vero: chiamiamo le cose con il loro nome».
Quindi non prende in considerazione neppure l’adozione?
«Per le coppie omosessuali no. Vogliamo provare ad assicurare ai bambini in attesa di adozione, un contesto che ricalchi quello di cui sono stati privati, cioè la famiglia naturale. Non si fa un favore a un orfano consegnandolo a ulteriori difficoltà».
C’è anche un forte dibattito sulla legge per il fine vita.
«Se la vita è sotto attacco per quanto riguarda le sue primissime fasi, non va trascurata neppure l’offensiva, sempre più violenta, verso la vita che si avvia al tramonto. Anche la battaglia sul “fine vita” raccoglie numerosi seguaci presentandosi ammantata di (falsa) compassione ed umanità. Il vero aiuto non sta nell’armare la mano del sofferente con una pistola carica, che gli consenta di farla finita, ma nel circondarlo dell’amore dei suoi cari e nel somministrargli, laddove necessario, le cure palliative».
Opinioni molto nette. Come si pone sulle battaglie delle donne?
«Anche questo è diventato uno dei veleni della nostra società. Non è una battaglia per la parità dei sessi, cui siamo ovviamente tutti favorevoli. Si applica ai rapporti sociali tra uomo e donna la logica marxista della lotta
di classe tra “padroni” e “lavoratori”: stessa retorica (società divisa in “oppressori” uomini ed “oppressi” donne), con ambizione di prevaricazione sul genere maschile ».
In sintesi?
«Servirebbe insomma un programma cattolico nuovo, con nuovi interpreti: sospensione della legge 194, difesa della famiglia tradizionale, no all’adozione per le coppie omosessuali, no all’eutanasia, rifiuto dell’ideologia femminista, difesa dei valori cristiani come la sacralità ed indisponibilità della vita per mano di una nuova generazione moderna e meno grigia, e allora forse riavremo un’Italia migliore di quella pavida e relativista di oggi.
Anche per questo, il prossimo 23 maggio, all’Aquila, alla presenza del Cardinal Angelo Bagnasco, rifletteremo sulla povertà demografica italiana e presenteremo quello che secondo noi deve essere un manifesto di rinascita del cattolicesimo ».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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