C'erano una volta i fratelli d'Italia: la solitudine dei figli unici

La famiglia si è ristretta e questo genera problemi anche sociali. Un tempo i consanguinei si prendevano cura gli uni degli altri

C'erano una volta i fratelli d'Italia: la solitudine dei figli unici
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«Tra qualche mese la cicogna o la mamma nei casi più all'avanguardia ti porta un fratellino/sorellina». Ecco una frase d'altri tempi. Una promessa che evoca, in noi «diversamente giovani», i ricordi in un'infanzia in cui spesso, la risposta affermativa al desiderio (del figlio) di poter condividere tra pari la condizione di bambino si sommava all'esigenza (dei genitori) di spiegare ai più piccoli le trasformazioni nel fisico di una mamma prossima al lieto evento.

Oggi il mondo è cambiato. Non solo perché la necessità di «giustificare» una gravidanza è stata largamente superata dai più svariati canali di formazione/informazione, ma ancor più perché in un Paese che conta solo 370 mila nati annui e ne mancano quasi altrettanti (272 mila) per garantire il ricambio generazionale tra genitori e figli, il legame fraterno è andato via via diluendosi. Si è dissolto come il volo delle cicogne. D'altra parte, se si pensa che negli anni '60 circa due neonati su tre (il 62,6% nel 1964) era fratello/sorella di chi già stava in famiglia e che oggi siano arrivati alla metà dei casi (il 50,9% nel 2023) con una tendenziale prosecuzione della discesa si ha un'idea della dimensione del cambiamento in atto.

C'è poi da dire che, rispetto a prima, il fratellino/sorellina del XXI secolo arriva se arriva - allorché mamma è già abbastanza matura. Quarant'anni fa l'età media di una donna che metteva al mondo il primo figlio era 25,2 anni e saliva a 29,5 quella di chi si spingeva oltre il primo. Oggigiorno lo spostamento in avanti è di sette anni per i primogeniti e di circa quattro per i nati di ordine superiore. E per questi ultimi l'aumento è più contenuto solo per via del forte ridimensionamento delle nascite che vanno dal terzo ordine in poi; eventi in genere associati a mamme relativamente meno giovani. Partendo da queste premesse, si può immediatamente cogliere come la rivitalizzazione il legame fraterno, da ottenersi agendo sull'intensità e sui tempi delle scelte riproduttive, dovrebbe configurarsi come obiettivo strategico al fine di fronteggiare quell'inverno demografico che, come avvertito da più parti, rischia di produrre pericolose conseguenze di ampia portata, sia sul fronte economico che su quello sociale. Ma come ottenere risultati apprezzabili in un contesto in cui si fatica a rimuovere gli ostacoli economici, organizzativi e culturali che spingono le coppie al rinvio, spesso trasformato in rinuncia, di progetti di genitoriali che vadano oltre il figlio unico?

In una visione di medio termine la risposta può arrivare creando condizioni, diverse dalle attuali, che puntano a rispondere ai desideri di quelli che saranno potenzialmente i genitori di domani. Si tratta di investire, attraverso progetti innovativi, strutture, norme, atteggiamenti culturali e modelli di vita, sui bambini e i ragazzi del nostro tempo. Su un universo di giovanissimi la cui visione delle scelte familiari «quello che faremo da grandi» sembra ancora poco influenzata, se non del tutto indenne, dal condizionamento dei vincoli delle «quattro C»: il Costo dei figli (tempo e denaro), la loro Cura (assistenza e formazione), la Conciliazione (tra genitorialità e lavoro) e la Cultura ancora poco amichevole del «li avete voluti sono fatti vostri!». In una recente indagine Istat sui residenti in età 11-19anni è infatti emerso che solo l'8,7% dei giovanissimi dice di non volere figli, e che due terzi di chi ne vuole aspira idealmente ad averne due. Uno su cinque immagina persino di spingersi a tre o anche oltre.

Il fatto che in una realtà demografica con una media di 1,2 figli per donna - come è l'attuale (Istat 2024) - le generazioni cui è affidato il futuro manifestino desideri che, se trovassero effettivo riscontro, porterebbero tale media a poco più di 1,9 figli per donna e senza alcuna distinzione tra italiani e stranieri (cinesi a parte) riaccende la speranza che un siffatto obiettivo di medio periodo, se sostenuto con convinzione e mezzi,

potrebbe segnare la fine dell'inverno demografico. Un auspicabile cambiamento cui farebbe da corollario il ritorno dei fratelli. Verso il ripristino di solide reti familiari con un fondamentale beneficio sul fronte del welfare.

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