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Dall'arte al calendario: Gesù è in tutto ciò che i bambini studiano a scuola

In occasione del Natale, ripartono le crociate per depurare la festa da ogni riferimento religiso. Ma la verità è che non si può censurare un personaggio che è dentro i programmi scolastici

Dall'arte al calendario: Gesù è in tutto ciò che i bambini studiano a scuola
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La scena si ripete ogni dicembre: in qualche istituto scolastico parte la crociata per “depurare” il Natale da ogni riferimento religioso. Via il Bambinello dalla recita, via le strofe che nominano Gesù dai canti tradizionali, via i presepi se qualcuno potrebbe sentirsi offeso. L’obiettivo dichiarato è l’inclusione. Il risultato, però, è paradossale: si finisce per creare una frattura evidente tra ciò che i bambini studiano tutto l’anno e ciò che improvvisamente viene considerato “scomodo” proprio nel periodo natalizio. Perché Gesù, piaccia o no, è già dentro i programmi scolastici che la scuola propone da settembre a giugno.

Basta pensare alle lezioni di arte: i libri di testo sono pieni di natività, madonne con bambino, crocifissioni e deposizioni. Giotto, Beato Angelico, Raffaello, Michelangelo: i più grandi maestri della pittura occidentale hanno lavorato spesso su commissione religiosa. E le opere sono note a tutti. Quei capolavori non vengono insegnati perché la scuola vuole fare catechismo, ma perché rappresentano pilastri nella storia artistica europea. Togliere il nome di Gesù dalle canzoni di Natale mentre lo si incontra ogni settimana sui libri di arte significa creare una "schizofrenia" culturale che i bambini, anche quelli di sei anni, percepiscono immediatamente.



Lo stesso discorso vale per il calendario che regola la vita scolastica. Le lezioni, le verifiche, le vacanze sono organizzate secondo l’era “dopo Cristo”. Ogni manuale di storia posiziona gli eventi prendendo come riferimento la nascita di Cristo. Nessuno ha mai proposto di sostituire questa convenzione con l’era vulcanologica o con il calendario ebraico o musulmano. Eppure, quando arriva dicembre, qualcuno pretende di azzerare il motivo stesso per cui il 25 dicembre è un giorno festivo a livello nazionale.

Natale e Pasqua, del resto, sono giorni rossi sul calendario scolastico. Chiudere le scuole in quelle date è una scelta che riconosce una tradizione storica e culturale del Paese, esattamente come accade per il 25 aprile o il 1° maggio.

I bambini non hanno alcun bisogno di queste cancellazioni e di certe censure.

Capiscono perfettamente che vivono in un Paese in cui la maggior parte delle persone, credenti e non, festeggia il Natale come nascita di Gesù, allo stesso modo in cui capiscono che l’Impero romano è caduto nel 476 d.C. o che Dante ha scritto la Divina Commedia. Non serve proteggere la loro sensibilità rimuovendo la storia: basta spiegarla.



Togliere Gesù dal Natale scolastico non rende la scuola più inclusiva. La rende semplicemente più povera. Priva gli alunni di una chiave di lettura fondamentale per comprendere l’arte che studiano, il tempo che misurano, le feste che vivono. E trasforma un’occasione di conoscenza in un esercizio di rimozione ideologica. Gesù arriva in aula a settembre, con i libri di testo e con il calendario appeso in classe. A dicembre è già lì. Far finta di scoprirlo solo allora, per poi cacciarlo via, è una contraddizione che non sfugge nemmeno ai più piccoli.

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