I rischi per la sicurezza sono più che reali

Non bastano le fiabe sull'inclusione, non bastano le marce arcobaleno o gli slogan sull'umanità

I rischi per la sicurezza sono più che reali

Caro direttore Feltri,
ho 19 anni e frequento la facoltà di Economia presso l'Università degli Studi di Brescia. Scrivo per condividere una preoccupazione che, credo, accomuni molte persone. Poiché la facoltà si trova in pieno centro, trovare parcheggio è diventata quasi una mission impossible, e per questo ogni mattina prendo la metropolitana per seguire le lezioni. Tuttavia, quello che dovrebbe essere un semplice tragitto si trasforma sempre in un sentimento di paura. Appena uscito dalla stazione, mi trovo spesso davanti a scene di degrado: gruppi di extracomunitari che bivaccano, bevono, si drogano e addirittura fanno i loro bisogni in alcune aiuole limitrofe. Aggressioni, scippi e accoltellamenti sono all'ordine del giorno. Non voglio cadere in generalizzazioni, ma la situazione è oggettivamente fuori controllo e credo che solo chi vive queste realtà in prima persona possa davvero capire la situazione di disagio. Si ha la sensazione che Brescia, così come molte altre città, stiano perdendo la propria sicurezza e soprattutto la propria dignità. Mi chiedo, direttore, quale possa essere la soluzione a questa immigrazione incontrollata che sta rendendo sempre più difficile la convivenza civile. Le sarei grato se volesse condividere il suo punto di vista.
Cordiali saluti.

Giovanni Mora

Caro Giovanni,
hai perfettamente ragione a sentirti insicuro, e ti dirò di più: non sei tu a essere impaurito, sono le principali città italiane a essere diventate effettivamente pericolose. Hai 19 anni e dimostri una lucidità che molti adulti non hanno più. Non stai esagerando, non sei paranoico, non sei un allarmista: sei semplicemente un ragazzo che osserva la realtà senza paraocchi e senza il filtro dell'ideologismo.

La tua descrizione - degrado, bivacchi, sporcizia, spaccio, violenza diffusa - è purtroppo lo specchio fedele di troppe città nostrane. Non è fantasia. È cronaca quotidiana. Le statistiche appena pubblicate confermano che i reati su strada sono in ulteriore aumento, così come furti, rapine e aggressioni. E il numero di autori stranieri è sproporzionato rispetto a quello degli italiani autori degli stessi crimini, se teniamo conto delle percentuali di residenti stranieri e residenti italiani. Questo non è un giudizio politico, ma un dato di fatto incontrovertibile, che pure viene sfacciatamente negato. In città come Milano, Roma, Bologna, Firenze, Torino e anche la tua Brescia, la gente cammina guardandosi le spalle. Non è più tranquilla, né di notte né di giorno. E per le donne credo sia anche peggio, considerato che sono cresciuti gli stupri. Ci si muove con l'ansia di imbattersi in qualcuno armato di coltello, magari alterato dal consumo di droga o alcol, pronto a sfogare la propria rabbia sul primo passante. E, guarda caso, troppo spesso si tratta di persone che vivono per strada, che non hanno documenti, che non lavorano, e che non dovrebbero essere lasciate sul nostro territorio libere di delinquere. O si tratta di gang di immigrati di seconda e terza generazione, che dimostrano dimestichezza nell'utilizzo della lama.

La tua paura è fondata. Non è una semplice percezione come qualcuno cerca ancora di sostenere nei talk show, per salvare la propria ideologia. È la conseguenza di anni di accoglienza senza controllo, di buonismo scellerato, e di una politica che ha confuso la carità con la resa. Abbiamo accolto chiunque, senza sapere chi fosse, senza verificarne il passato o le intenzioni. E adesso fingiamo di stupirci se gli italiani temono di prendere la metro o di uscire la sera. Io stesso sono stato aggredito in pieno giorno davanti casa mia. Non serve prendere neppure i mezzi pubblici per imbattersi in losche figure intenzionate a farci del male. Mi ha colpito ciò che è accaduto nella zona di Porta Venezia, a Milano, dove in appena due mesi un immigrato se ne è andato a zonzo massacrando di botte ben sette donne, capitategli a tiro. Ad una ha spaccato il setto nasale con un calcio. Le vittime stavano tornando a casa dopo il lavoro o si stavano recando a lavoro di buon mattino.

Non possiamo più occultare la realtà. Celarla non ha fatto altro che portarci al punto in cui siamo, un punto quasi di non-ritorno. Non bastano le fiabe sull'inclusione, non bastano le marce arcobaleno o gli slogan sull'umanità. La sicurezza è la prima forma di civiltà ed è un diritto che viene prima di tutto. Senza sicurezza non c'è libertà, non c'è lavoro, non c'è futuro. Hai fatto bene a scrivermi, Giovanni. Perché la tua lettera è uno schiaffo al conformismo di chi vive nei salotti, di chi pontifica sulla tolleranza ma non ha mai preso un autobus alle sette del mattino o camminato da solo vicino a una stazione dopo il tramonto.

La differenza tra te e loro è che tu la vivi la città, non la commenti. Cosa serve per invertire la rotta? Serve ordine. Servono leggi chiare e ferme. Serve che la magistratura non ostacoli il governo nella gestione della piaga della immigrazione clandestina di massa. Serve maggiore severità. Serve il coraggio di espellere chi delinque, senza timore delle accuse di razzismo. Serve il pugno duro, finalmente. Serve forse più presenza delle forze dell'ordine, che pure fanno del loro meglio, e pene reali, non simboliche. Serve soprattutto che la smettiamo di inginocchiarci davanti al mito dell'accoglienza a ogni costo. Non è razzismo, è buonsenso. Non è odio, è autodifesa. Ed è ora che ci proteggiamo.

Ti ringrazio per la tua lettera, perché è una boccata d'aria vera in mezzo al fumo

delle chiacchiere ideologiche.

Continua a osservare la realtà con la mente aperta, non lasciarti zittire da chi vuole convincerti che sei tu il problema. Il problema, caro Giovanni, è chi non vede o chi finge di non vedere.

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