
La «mia» Bergamo è diventata protagonista di alcuni omicidi. Vorrei spingere in confessionale questa città che nel passato era chiamata la «sagrestia d'Italia» ed è stata premiata recentemente per la migliore qualità della vita secondo l'indagine annuale del Sole 24 ore. In provincia gli assassinii sono stati sei nel 2024: Diego Rota accoltellato dalla moglie; Joy Omoragbon accoltellata dal compagno; Sharon Verzeni accoltellata mentre correva; Mykola Ivasiuk colpito a colpi di bottiglia; Sara Centelleghe uccisa con una forbice; Roberto Guerrisi a cui hanno sparato. Sono già tre nel 2025: Mamadi Thunara accoltellato per strada, Luciano Muttoni massacrato di botte e domenica scorsa Riccardo Claris, 26 anni, laureato in Economia, master in Lussemburgo, assunto in una finanziaria milanese, coinvolto in una rissa tra tifosi nella quale è stato colpito alle spalle con una lama brandita da un 18enne.
Cosa sta succedendo? Da dove viene questa violenza? Come è possibile tanta irosità astiosa ovunque? Cosa motiva la facilità di diffuse reazioni impulsive? Siamo stati avvelenati nell'anima? Quali sono i fattori scatenanti? Social, giochi, canzoni, film intrisi di violenza? Un analfabetismo emotivo per il fare acqua dell'educazione familiare e scolastica? Non so. Ci ritornerò a rifletterci. Oggi punto l'attenzione su questo: «Ciao, sono Barbara, sorella maggiore di Riccardo. Siamo tutti sconvolti, non ci sono parole per
descrivere ciò che proviamo. Riccardo era un bravissimo ragazzo, chi lo conosce lo sa! Qualsiasi cosa sia successa, NON era un violento, NON era un criminale, NON si meritava questo. Niente giustifica L'OMICIDIO comunque! Il nostro dolore non passerà MAI, dovremo conviverci consapevoli che per perdere la vita è sufficiente trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato. Noi vogliamo che la giustizia faccia il suo corso, senza violenza, senza mediaticità, senza continue interferenze. Ricordiamolo con affetto e amore; ricordiamolo non solo come ultrà, ma come un giovane ucciso nell'ennesimo episodio di VIOLENZA in una società sempre più malata. Chiedo, con il cuore spezzato, di avere ciò che meritiamo: rispetto e silenzio. Lo chiedo ai giornali, ai commentatori, ai tifosi. Rispettiamo, aspettiamo, chiediamo giustizia come UMANI». Ciò che mi ha colpito è che questo messaggio sia postato sui social, ma fotografando una pagina scritta a mano. Una lettera di quelle che purtroppo non si vedono più. E se questo fosse un antidoto? Aiuterebbe a tornare ad essere «umani», a imparare a placare l'ira e gestire l'impulsività. Perché? Per scrivere devi sederti. Non puoi farlo in piedi o camminando. Poi prendi carta, penna e pensieri. La carta. Non puoi sciuparla. Non si usa quella a righe o quadretti, destinata alla brutta che finisce accartocciata nel cestino se le parole non escono fluide. Se proprio devi usare quella, la personalizzi con colori o greche o disegni. Gli antenati
delle emoticons. La penna. È una scelta sia per il tratto che per il colore. Oltre all'attenzione a non sbavare, c'è la premura della calligrafia, la bella-scrittura. In stampatello maiuscolo una volta si scriveva la lista della spesa o le parole urlate (come sopra). L'essenziale era affidato al corsivo preoccupato di creare unità. Se si sbaglia la gomma chiede delicatezza per non peggiorare e fare buchi. I pensieri, infine. Li metti in ordine prima dentro di te, poi quando li esprimi usi attenzione a errori e stile. Scegli cosa dire, escludendo l'inutile: in poche righe tanto contenuto. Nelle chat al contrario ci sono cascate di righe, ma poca sostanza. Un tempo c'era un altro elemento essenziale: la pazienza. La lettera era da imbucare: «Chissà se sarà arrivata?!». Per la risposta serviva tempo per preparazione e spedizione. Giorni.
Quante discussioni, liti, tensioni, rabbie, rancori, violenze, crisi ci risparmieremmo se usassimo la carta al posto delle tastiere? Quante amicizie ho rovinato perché non mi sono seduto e ho vomitato cascate di messaggini. Quante occasioni ho ucciso per aver risposto di istinto a una mail. Anche queste sono coltellate e fanno male, anche se digitali. C'è bisogno che ognuno si impegni a reagire con calma.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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