Sofía Ximénez Ximénez

La sua foto mostra una casalinga un po’ in carne ma dal viso simpatico e sorridente (cosa rara nelle foto d’epoca, giacché il gusto artistico imponeva pose ed espressioni seriose, come nei quadri). Era nata a Valencia nel 1876 ed era stata tutta casa e parrocchia fino al 1905, anno in cui impalmò il vedovo Carlos del Río Díez, già padre di tre figli. Religiosissimo anche lui, si sposarono nella chiesa di Nuestra Señora de los Desamparados (la Madonna degli Abbandonati, patrona di Valencia) ed ebbero altri quattro figli. Donna Sofía, sebbene dovesse badare a otto persone, trovava il tempo di fare l’attivista dell’Azione Cattolica, il catechismo in parrocchia, dare una mano nelle opere di carità. Nel 1927 rimase vedova e aumentò le ore dedicate alla beneficenza. Ma nel 1936 scoppiò la guerra civile e lei aveva tre parenti suore: sua sorella, una cugina e la sua figliastra. Il clero, perseguitato, si era disperso e donna Sofía non esitò a dare riparo nella sua casa alle tre suore, sebbene fosse una donna sola e con diversi ragazzi e ragazzini a cui pensare. Non durò molto, perché i miliziani seppero subito dove andare a cercare. Arrestarono lei, la sorella e la figliastra. Non riconobbero come suora la cugina ma in compenso portarono via il giovane Luís, figlio di Sofía, scambiato per un prete travestito. Li condussero nella prigione “popolare” di Benicalap. Qui, dopo breve detenzione, ebbe luogo il processo a quei formidabili nemici del popolo. Scontata la condanna. La fucilazione fu eseguita in loco. Eh, la giustizia non è di questo mondo (ma, dell’altro, sì).
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