Solanas racconta l’Argentina con un occhio poco obiettivo

Nulla nuoce a una nazione più del vittimismo di chi considera ogni atto del governo un’azione ripugnante. Se l’Argentina in genere ha buone ragioni per lamentare un governo reazionario e violento, ha in realtà una totale incapacità di giudicare se stessa, rifugiandosi in un’autocommiserazione di maniera, che artisti come Fernando Solanas, in perfetta buona fede seguitano ad alimentare. Diario di un saccheggio (del 2004), è un documentario di due ore che propone, con stile da inchiesta televisiva, tutte le storture di un sistema politico interno, gli errori dei suoi leader nell’ultimo ventennio, l’impossibilità di istituire una democrazia assediata dal liberismo, a detta di Solanas, causa prima di tutti i mali. Si prende atto di tutto quanto afferma il docu-film con appassionata approssimazione, omettendo altre cause, forse più determinanti, come la responsabilità di avere accolto nel dopoguerra molti gerarchi nazisti, che hanno in qualche modo ispirato i governi successivi. Il peronismo, sul quale Solanas sorvola, la connivenza del popolo argentino con uomini politici eletti a suffragio universale e un’incapacità endemica di proteggere la democrazia, che pure in apparenza resiste nell’architettura della sua struttura politica. E Menem, populista e demagogo, assieme al Fondo monetario internazionale e alla Banca mondiale è così colpevole di tutto.

Gli argentini, assimilabili agli europei più di ogni nazione sudamericana, padroni di una territorio potenzialmente ricchissimo, si affidano ai poeti in attesa che il milagro si compia. Solanas, già autore dello splendido Il viaggio (1992), non può pretendere comprensione se cripta a sua volta inoppugnabili verità.

DIARIO DEL SACCHEGGIO di Fernando Solanas (Argentina 2004). 120 minuti

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