Riccardo Signori
nostro inviato a Udine
Rieccola finalista. Dopo un decennio di sberloni e figuracce, lInter non perde lunica buona abitudine del suo recente e tormentato vivere: raddoppia la finale della passata stagione in coppa Italia, che diventa la terza nel giro di un anno (cè anche la Supercoppa in cui ha battuto la Juve). Naturalmente ci sono voluti un bel batticuore finale (sennò che Inter è mai?), qualche errore di troppo (forsanche di Mancini nei cambi), la parata finale e decisiva di Julio Cesar allultimo secondo, il solito intervento stravagante di Materazzi che ha indotto larbitro a concedere un rigore a Iaquinta.
In aggiunta a questa macedonia pallonara che ha prodotto emozioni e preoccupazioni negli ultimi venti minuti, va ritagliato il quadretto di gloria di due visi pallidi (calcisticamente parlando) della compagnia. Leggasi Santiago Solari e nessuno pensi che si tratti di una barzelletta. Proprio lui, quella sorta di inquietante extraterrestre pedatorio rifilato a Moratti dal Real Madrid, che davanti allUdinese ha riscoperto il suo elisir calcistico: colpo di tacco allandata, un bel sinistro stavolta hanno fatto gol e cassa, onore e finale. A cui va aggiunto il gol dellex, ovvero David Pizarro, il trottolino che ieri ha giocato da solo contro tutti e soprattutto contro fischi e ululati, piovuti dalla tribuna ogni volta che ha toccato palla: solo quellinserimento in area, che ha raddoppiato i gol e creato la salvezza finale interista, ha zittito tutti. Tutti, tranne Galeone e Materazzi che si sono punzecchiati anche negli spogliatoi.
Certo, non sono queste le medaglie da metter al petto per il duo e per lInter, ma dopo il diluvio di campionato e Champions, la finalina è lunico raggio di sole. Anche se il destino non è baro, ma sarà un po cinico: allInter toccherà vincere la coppa. E quella sarà soltanto norma non impresa. Nel caso contrario, sarà lennesimo buco nellacqua. E per Mancini loccasione di vincere la decima finale di coppa Italia (finora sono sei da giocatore, tre da tecnico).
Tanto per intenderci, ieri a Udine pioveva, e pareva di giocare a porte semichiuse: poche anime friulane in tutto lo stadio, contate dodici persone e un bambino sulle tribune destinate agli interisti. Sono finite le scorte di sopportazione della gente nerazzurra e forsanche i soldi da buttar via inseguendo i sogni. LInter ha messo poco ad inseguire la vittoria, ma ha faticato tremendamente nei minuti finali a mantenerla: otto minuti per infilarsi nella difesa tenerella dellUdinese, Wome che imbrocca lunico cross della sua partita, Cruz che fa velo lasciando passare la palla fra le gambe ed ecco Solari, solitario e pronto allacchiappo e alla girata. La storia e il racconto della partita potevano chiudersi qui, se lUdinese non si fosse dimprovviso svegliata nel finale. Prima i tiri in porta erano stati pochi e maldestri, il giocare dellInter facile anche se un po svagato, allegrone quel tanto da buttare qualche occasione o farsela annullare dalle parate di De Sanctis (colpo di testa di Cruz nel primo tempo, doppia conclusione di Samuel nella ripresa).
Pareva proprio che lUdinese non ne avesse per mettere in ginoccchio lInter, eppure il solito svarione difensivo nerazzurro (Obodo si infila tra Materazzi e Burdisso e pareggia) ha prodotto il delirio tremens.
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