Soldi ai legali, telefonate e aiuti: altri siluri anti Cav dalla Procura

I pm di Napoli alzano il tiro per trasformare il premier in indagato. Basta dare un’occhiata alle 1.200 pagine di atti depositate ieri per capire che è in atto un serio tentativo di incastrare Berlusconi. Incredibilmente ri-spunta fuori l’intercettazione "fantasma" tra il premier e Lavitola, che scagiona il Cavaliere, stranamente dichiarata "inesistente" fino all’altro ieri. Dall'interrogatorio, pressante, di Marinella Brambilla alle intercettazioni sul filone Finmeccanica: ecco le carte

Soldi ai legali, telefonate e aiuti: 
altri siluri anti Cav dalla Procura

Gian Marco Chiocci - Simone Di Meo

Chi avesse ancora qualche dubbio sul tentativo di incastrare Silvio Berlusconi, parte lesa di un’estorsione inesistente, dovrebbe dare un’occhiata alle 1.200 pagine di atti depositate ieri dai pm di Napoli. Incredibilmente ri-spunta fuori l’intercettazione «fantasma» tra il premier e Lavitola, quella anticipata da L’Espresso e che scagiona il Cavaliere, stranamente dichiarata «inesistente» fino all’altro ieri dai sostituti del procuratore Lepore. Poi ecco l’interrogatorio, pressante, di Marinella Brambilla, segretaria del premier, per farsi dire dove, come e perché elargiva quelle somme di denaro. Quindi i verbali in pressing degli avvocati di Tarantini che nella testa della pubblica accusa sarebbero stati pagati dal capo del governo per «controllare» lo stesso imprenditore barese. E come se non bastasse, intercettazioni a pioggia sul filone Finmeccanica, con un dirigente (Pozzessere) indagato e intercettato insieme all’ex modella colombiana (Debbie Castaneda) consulente della holding aerospaziale. Filone che con l’estorsione a Berlusconi nulla c’entra e che alla fine serve solo a tirare schizzi di fango su big internazionali (il genero di Aznar su tutti) ed esponenti del centrodestra (Buonaiuti, Crosetto e altri).

TELEFONATA FANTASMA
Ecco, dunque, l’intercettazione fantasma che i pm napoletani avevano giurato non esistere. E che, coincidenza, dopo l’articolo del Giornale di ieri sul giallo della scomparsa, è riapparsa. Per la gioia del Cavaliere perché all’interno vi è la prova che nessuna estorsione vi fu. «Quando posso aiuto, quando non posso non aiuto e quando aiuto sono contento di poter aiutare». Un aiuto, altro che ricatto. Ecco il testo integrale. Lavitola: «Dottore». Berlusconi: «Sì...». L: «Senta io sto in Bulgaria, sto a Sofia con un telefono di qua, se intercettano pure questi è... che cazzo ne so». B: «Certo... hai visto che avevo ragione io! Dimmi». L: «Purtroppo sì, non lo so, dico io ho visto pure la sua dichiarazione che lei ha aiutato questo ragazzo e così com... come!». B: «Non facevo riferimento tuttavia alle cose che ho successivamente letto! Che non esistono (...) e su cui io scagionerò naturalmente tutti...». L: «È per questo voglio dì... quello tutto na... cioè voglio dì... questo è parto di pura fantasia perché oltretutto». B: «Sì... io non so quali sono le vostre affermazioni tra di voi che non conosco...». L: «Ma neanc...». B: «Ecco eh». L: «...Ma non credo che ci sia nessun tipo di affermazione...». B: «Ecco.... comunque insomma io non... quando posso aiuto... quando non posso non aiuto... e quando aiuto sono... contento di poter aiutare... tutto qui».

ACCOMPAGNAMENTO COATTO
Altro che vaga ipotesi. Altro che scivolone del procuratore Lepore. Nero su bianco, nell’atto di citazione recapitato a Berlusconi, si parla di prelievo forzato del premier da parte dei carabinieri: «Si avvisa che lo stesso, non comparendo senza un legittimo impedimento, potrà essere disposto l’accompagnamento coattivo ai sensi quanto previsto dall’articolo 377 e 133 cpp fatte salve le guarentigie di cui all’art.68 della Costituzione».

MARINELLA E LE «FOTO»
Marinella Brambilla, storica ombra del premier, sgombra subito il campo dagli equivoci. Quando al telefono parla di ritiro di «foto», effettivamente di fotografie si tratta. Anche se poi, spiega, è Lavitola a utilizzare il termine in modo ambiguo: «Ho letto i giornali e devo dire che effettivamente ho fatto avere delle foto del presidente a Lavitola, foto di Berlusconi che in copia ho anche portato per farvele vedere. Alcune con dedica, altre in bianco (...)». Le prime «foto», veri scatti, Lavitola le mandò a ritirare in portineria a palazzo Grazioli. Successivamente mi resi conto che Lavitola al telefono parlava in modo sibillino (...) presi tempo, ne parlai con il presidente, gli dissi che era come se voleva alludere a qualcos’altro». Berlusconi capì al volo «e mi disse di prelevare 10mila euro dalla sua cassa privata e di suddividere la somma in due buste da 5mila euro. Mi disse che si trattava di somme a Tarantini e sua moglie richieste per conto di Lavitola». La Brambilla rivela d’aver consegnato due buste, in due occasioni (poi preciserà tre) con 5mila euro ognuna all’incaricato di Lavitola. E nell’escludere categoricamente «di aver consegnato le somme ingenti» dice una cosa che, oltre a evidenziare una palese incompetenza dei pm napoletani a indagare («la consegna avvenne a Palazzo Grazioli a Roma»), disintegra la tesi del ricatto: «Nell’autorizzarmi a prelevare questi soldi il presidente Berlusconi mi disse che si trattava di un prestito», che è cosa ben diversa da un’estorsione. «Berlusconi era molto infastidito da Lavitola».

AVVOCATI A RISCHIO
Dimostrare l’estorsione sta diventando un problema, per i pm di Napoli. L’insistenza con la quale i sostituti di Lepore interrogano gli avvocati di Berlusconi e Tarantini fa pensare a un cambio di strategia: dimostrare l’interesse del premier a tenere buono Tarantini pagando gli onorari a legali riconducibili al premier stesso. Non si spiega altrimenti l’interrogatorio dei difensori Nicola Quaranta e Giorgio Perroni, persino impossibilitati dal gip a opporre il «segreto professionale». Giorgio Perroni spiega che non chiese soldi a Tarantini (anche se «vi era un preavviso di fattura al deposito della sentenza d’appello sul processo per la droga») perché «avevo svolto una limitata attività professionale e perché era un cliente importante» dal punto di vista mediatico. Aggiunge di aver avvisato Ghedini che Berlusconi gli aveva chiesto di difendere Tarantini, dopodiché esclude pressioni sul «patteggiamento» a Bari specificando che lui era addirittura contrario a un patteggiamento frazionato ma non a un «onnicomprensivo» sul quale la procura non era d’accordo. «Non ho parlato con Berlusconi, né con Ghedini, dal che ho desunto che Berlusconi non era preoccupato della diffusione delle carte del processo (...)».

CORRUZIONE INTERNAZIONALE

Lo scenario su Finmeccanica viene descritto dai pm con «più trattative» allo stato «non meglio delineate» per la vendita di prodotti di diverse aziende Finmeccanica a diversi soggetti esteri (domiciliati in Arabia Saudita, in Malesia, in Colombia ed altri Paesi in via di precisa individuazione... Di alcune di tali vendite si sta occupando tale Sergio Fracchia, emerso nella connessa vicenda degli immobili venduti da Marco Milanese a Carlo Barbieri e Guido Marchese».

DA AZNAR A ERDOGAN

Il «bersaglio» telefonico iniziale dell’inchiesta è l’ex modella sudamericana Debbie Castaneda, consulente di Finmeccanica per i rapporti con la Colombia, sposata con Marco Squatriti (ex marito di Afef). Il 13 maggio la Castaneda si lamenta col direttore commerciale di Finmeccanica, Paolo Pozzessere, per la «conclusione di un contratto del valore di 600 milioni di euro per il quale sarebbe prevista una commissione pari al 5 per cento, di cui l’1 per cento» a lei destinato. L’uomo che sta concludendo l’affare, indicato nell’informativa della Digos come Alejandro Agad o Agag (il nome corretto è Alejandro Agag, genero dell’ex premier spagnolo José Aznar) «starebbe però giocando sporco, tagliandola fuori e facendole perdere così 6 milioni di euro». La Castaneda «riferisce che parlerà della cosa al Presidente al quale chiederà aiuto per indurre Paolo a bloccare il pagamento» perché è l’unico di cui Agag ha paura. Sempre con l’ex miss, Pozzessere spiega che il premier turco Erdogan non ha più rapporti con Berlusconi a causa dello scandalo delle escort. Poi fanno del pettegolezzo sulla Santanchè dicendo che ha problemi economici perché si è rifatta casa e non ha pagato i fornitori.

SPUNTA PURE BONAIUTI
Nella rete di intercettazioni selvagge incappa anche Valter Lavitola mentre discute con la funzionaria di Palazzo Chigi, Antonella De Novellis, che si occupa dei contributi all’editoria. La donna «gli prospetta la difficoltà di riconferma del suo incarico» e dell'interessamento di «Elisa e Bonaiuti» per aiutarla.

IL GENERO DI GUARGUAGLINI
Filippo D’Antoni, genero del presidente di Finmeccanica, Pierfrancesco Guarguaglini, parla con un ammiraglio (che utilizza un’utenza francese) a proposito di «soldi da erogare» per la revisione Tlf del B515. L’ammiraglio gli risponde che «altri soldi non ne possono dare e di averlo riferito anche a Lunardi».

IL QUIRINALE E BATTISTI

Gli affari di Finmeccanica non si possono bloccare a causa dell’ex terrorista. Guarguaglini chiama Pozzessere e gli dice di essere stato contattato dal Quirinale a proposito della riunione dei giudici brasiliani.

Il capo di Finmeccanica aggiunge che «se vede Frattini bisogna dirgli che gli hanno telefonato» e «bisogna dirlo in modo chiaro a Berlusconi e Letta». Paolo risponde che «se ci sono casini si passa dal Presidente, perché non si può buttare all’aria tutto per una impuntatura».

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