Soldi alla Fiat, è scontro aperto tra Montezemolo e il governo

RomaLa Fiat e il governo sono divisi dal concetto di «aiutino». La questione su Termini Imerese ruota in fondo intorno a questo dilemma. Luca Cordero di Montezemolo dice: «Da quando sono alla Fiat, mai ricevuto un euro dallo Stato». La frase, buttata lì, all’inaugurazione dell’anno accademico della Luiss, fa tanta polvere. È un pugno allo stomaco che arriva di prima mattina. Qualcuno parla di autogol, qualche ministro incassa, altri rispondono stizziti. Silvio Berlusconi mette d’accordo tutti: «Faremo di tutto per salvaguardare l’occupazione, è logico, se ne occupa Scajola». Montezemolo frena, un po’ ci ripensa: «Non voglio entrare in polemica, preferisco il dialogo».
Ma la postilla del presidente Fiat non basta. Parla Calderoli. Parla Scajola. Parlano in tanti. L’accenno agli aiuti statali «non ricevuti» dal Gruppo accende ben più che una semplice polemica: da destra a sinistra, passando per i sindacati, in molti sobbalzano per l’affermazione di Montezemolo, che ricalca quanto detto a fine dicembre dall’Ad Sergio Marchionne («La Fiat non ha chiesto un euro allo Stato e non intende farlo») alla presentazione del piano industriale, a Palazzo Chigi. Stavolta quella frase fa più rumore. Se è soft ma decisa la «smentita» del ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola («La Fiat ha saputo crescere in Italia e nel mondo con le sue capacità, ma anche con l’aiuto dei governi italiani e degli italiani»), gli altri giudizi sono sferzanti. «È come credere alla befana», per il segretario di Noi Sud, Arturo Iannaccone, mentre Paolo Ferrero, della federazione della Sinistra, paragona Montezemolo a Pinocchio e il senatore Pd Giuseppe Lumia parla di «bugia grossolana».
Nella hit parade delle reazioni al vetriolo, mentre in borsa il titolo Fiat scende, spicca quella, durissima, di Roberto Calderoli. Il ministro leghista affida a una nota il suo commento, e conclude con l’annuncio di una sua personale «guerra» all’azienda torinese. «Cosa? Se è una barzelletta la dichiarazione di Montezemolo per cui la Fiat, da quando c’è lui, non ha ricevuto un euro dallo Stato, allora la barzelletta non fa proprio ridere», ringhia l’esponente del Carroccio. «Se invece Montezemolo non scherza - insiste il ministro - e parla sul serio, allora la faccenda assume contorni “sanitari”. Non mi attendevo, sicuramente, della riconoscenza, ma la negazione dell’evidenza mi porterà ad assumere, a titolo personale, un atteggiamento completamente diverso e intransigente rispetto a un’azienda, quale la Fiat, che i nostri padri consideravano azienda di Stato proprio per via degli interventi statali che ha ricevuto nel corso degli anni».
La sassata di Calderoli rimbalza fino all’aula magna della Luiss, dove Montezemolo è ancora seduto a fare gli onori di casa. Il numero uno della Fiat prova a schivare il colpo, anche se non rilancia esplicitamente. Alle parole dell’esponente del governo, riferite dai cronisti, oppone il «no comment» d’ordinanza, poi abbozza un distinguo: «Attenti anche voi a non fare confusione: gli incentivi sono un sostegno ai consumi, non sono soldi che vengono dati alle aziende».
Insomma, il siluro di Calderoli sembra riportare i rapporti tra Fiat e governo a una temperatura artica, eppure la giornata si era aperta tra spiragli di distensione. «C’è un rapporto molto chiaro e positivo, di dialogo e di confronto» tra azienda ed esecutivo, aveva esordito Montezemolo, toccando poi il tasto dolente dei lavoratori di Termini Imerese: «Quello che mi interessa, ed è la centralità per me e per la Fiat, sono gli uomini e le donne che vi lavorano, e quindi c’è l’impegno da parte nostra di farci carico, con la politica e le forze sociali, dei problemi che riguardano le nostre persone». Secondo il presidente le «scelte industriali» per rendere competitiva la Fiat «non potranno essere disgiunte dal problema di farsi carico delle famiglie e delle persone».

Un punto quest’ultimo su cui Montezemolo aveva ricevuto il plauso del presidente del Senato, Renato Schifani: «Si tratta di dichiarazioni incoraggianti e basate sul senso di responsabilità», che però devono ora «attirare comportamenti aziendali conseguenti».

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