Soldi a scrocco e belle donne Condannato l’ex pupillo di Prodi

Per il giudice, non per il gossip, è colpevole. E lui stesso del resto l’ha ammesso, visto che non solo ha patteggiato la pena, ma ha pure versato un bel risarcimento alla Regione Emilia Romagna (oltre 46mila euro) per rifondere i danni causati dai suoi comportamenti. Eppure Pd e sinistra varia, per l’ex sindaco di Bologna Flavio Delbono condannato giusto ieri a un anno, sette mesi e dieci giorni per le accuse di peculato, truffa aggravata, intralcio alla giustizia e induzione a fare false dichiarazioni nell’ambito di uno dei filoni del cosiddetto Cinzia-gate, osservano un rispettoso silenzio. Neanche un rimprovero piccolo piccolo, per quei viaggi con la sua allora fidanzata, ora sua grande accusatrice, Cinzia Cracchi, fatti a spese del contribuente.
Nulla, solo un assordante silenzio, dal Pd, da Idv, da Sinistra e libertà e dalla sinistra tutta. Unica voce, sommessa, quella del portavoce dell’esecutivo democratico di Bologna, Davide Ferrari: «Esprimiamo a Delbono – ha dichiarato – rispetto sul piano umano, come persona che ha ammesso i propri errori e ne sta pagando il prezzo politico e giudiziario. È massimo il nostro rispetto per l’esito giudiziario di questa vicenda per la quale Flavio Delbono aveva riconosciuto proprie responsabilità ed espresso scuse ai cittadini per gli errori commessi». Ecco fatto, un buffetto di rimprovero e via. Come a un fratello un po’ discolo per una marachella.
Del resto, il fratello Delbono, anzi pardon compagno, nel Pd bolognese, è sempre stato il cocco di Romano Prodi. L’ex premier nonché collega in quanto professore universitario l’ha voluto, fortissimamente voluto nel 2009 come candidato sindaco della sua Bologna; l’ha sostenuto, fortissimamente sostenuto durante la campagna elettorale; ed è sparito, repentinamente sparito, quando per Delbono sono cominciate prima le chiacchiere, poi i guai giudiziari. Sì, perché il cosiddetto Cinzia-gate, alias la storia di viaggi privati spacciati per missioni, all’epoca in cui Delbono era vicepresidente della Regione Emilia-Romagna, con l’allora segretaria-fidanzata Cinzia Cracchi, in realtà esplose a Delbono non ancora sindaco, poco prima del ballottaggio. A chieder conto di quei viaggi fu l’avversario di Delbono, Alfredo Cazzola. L’aspirante sindaco Pd s’indignò, querelò, poi ritirò la denuncia. «Falsità», giurò. E «falsità», fu costretto a ripetere quando quelle storie divennero numeri, quelli degli articoli del codice penale: non solo i viaggi, ma pure un bancomat concesso in uso alla Cracchi ma foraggiato da soldi pubblici e poi ritirato alla fine della relazione. La ex mollata e trasferita d’ufficio, pressata dai magistrati, fu un fiume in piena. Alla fine del gennaio 2010 le dimissioni di Delbono da sindaco. E ora la sentenza per il primo del tre tronconi dell’indagine (ne rimangono altri due, uno per abuso d’ufficio e uno per corruzione).

Una sentenza blanda, come è normale che sia col rito alternativo. Una sentenza strategica, che evita a Delbono l’interdizione dai pubblici uffici, e quindi la perdita della cattedra universitaria. Il pupillo di Prodi, tutto sommato, se l’è cavata bene.

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