La solita nostalgia della «marchetta»

La solita nostalgia della «marchetta»

Come tutti sanno, la «marchetta» era la tariffa delle vecchie case di tolleranza. In politica, la «marchetta», è una spesa fatta con denaro pubblico allo scopo di incrementare la clientela. E che l’Italia sia diventata, politicamente, un casino lo vedono tutti. Quello della «marchetta» è diventato un partito trasversale che si sono portati nel cuore tutti i reduci di «mani pulite» e della caduta del comunismo. Per restare a Roma si fa di tutto e di più ed in atmosfera di caduta perpendicolare delle ideologie, delle protezioni statali e di una certa parte della chiesa, la «fregola» è diventata immensa.
In quest’ottica va vista la sopravvivenza di un Pd che non ha più ragione di essere e che esiste in funzione degli enti locali cui si aggrappa per non morire. Lasciamo perdere quello che succede altrove e diamo uno sguardo alla Liguria di Burlando ed al comune della Vincenzi. Siamo in piena crisi di occupazione e di attività. Scappano i giovani e le imprese.
Si vive della carità romana passando da un deficit ad un altro più profondo in attesa di scappare se si dovesse chiedere (e si dovrà se si continua così) ai cittadini (non agli Agnelli, a voi) tutto quello che hanno per tappare i buchi. Come fanno a vivere? Come fanno a farsi votare? Semplice, si basano su un residuo di ideologia per vecchietti e bambini e sull’interesse con «marchetta».
- «Marchetta» è assumere troppa gente nel pubblico senza avere i soldi per pagarla o nemmeno predisporre un’economia che possa pagarli. Queste assunzioni, inoltre, sottraggono forze valide al lavoro reale.
- «Marchetta» è assegnare al presidente 3 milioni di Euro per «la comunicazione» ed in campagna elettorale si sa cos’è.
- «Marchetta» è fare più primari del necessario e tenerli senza reparto.
- «Marchetta» è mandare in pensione la gente a 50 anni o prima per nascondere la crisi e continuare ad ignorare la realtà.
- «Marchetta» è disperdere i soldi in una miriade di associazioni, bocciofile, comitati ecc.
- «Marchetta» è dare alle suddette immobili pubblici con un affitto irrisorio.
- «Marchetta» è fare società di comodo, in deficit e di proprietà pubblica, per nascondere i numeri veri dei dipendenti e per tenerli all’amo con la solita minaccia: se vengono gli altri…
- «Marchetta» è caricare il somaro sfiatato dell’economia reale di adempimenti che richiedano corsi od assistenza di ditte esterne o l’assunzione di gente che non ci si può permettere.
- «Marchetta» è inchiodare il porto di Genova perché possa continuare a favorire questo o quello senza riuscire nemmeno ad assegnare i terminals e che, quindi, la gente seria non vuole perché vuole essere padrona a casa sua.
- «Marchetta» è dire ai bidelli che non devono fare pulizia né preparare il cibo come si faceva una volta, con conseguenti appalti che si è visto come vanno e le scuole elementari sono piene di pidocchi e di ossiuri.
Queste ed altro sono i punti di forza di chi Genova l’ha sfasciata e non lo vuole ammettere. Addirittura hanno intitolato la sala chiamata dei portuali a Paride Batini che dello sfascio è un fulgido esempio. Cosa chiameranno poi… non li vuole più nessuno.

Bah!
Se vinceremo le Elezioni Regionali, spero che Biasotti, ed i suoi cosiddetti «saggi», avranno le capacità e soprattutto il coraggio di stroncare il sistema, di proporre prima ed avviare poi qualcos’altro che sia reale e non virtuale. Noi ci siamo e ci saremo e non siamo solo caccia caro Biasotti.
Grazie per l’attenzione e saluti.
*Membro del direttivo Lega Nord provincia di Genova

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