Rispedito indietro al servizio clienti, con una letterina di accompagnamento: «Rimandatemi l’edizione normale, non quella di propaganda». Maurizio Morabito, giovane ingegnere elettronico, vive e lavora a Londra da dodici anni nell’investment banking della City. È un fedele abbonato dell’International Herald Tribune (edizione internazionale del New York Times), ma davanti al servizio della due corrispondenti Rachel Donadio e Elisabetta Povoledo sulla manifestazione delle donne (titolo: «Voci arrabbiate si alzano contro Berlusconi») non ci ha visto più: «Non era un articolo di reporting, un racconto dei fatti, ma un pezzo di propaganda spicciola. Ho fatto un calcolo: l’articolo è di 784 parole, di cui 766 sono contro Berlusconi».
In realtà Morabito non è che fosse stupito più di tanto. «I giornali inglesi cercano sempre di raccontare l’Italia in modo macchiettistico, come un Paese di gente simpatica ma inaffidabile, governata da un mezzo mostro. C’è un pregiudizio sull’Italia che viene costantemente nutrito dagli articoli della stampa inglese, è quello che i loro lettori si aspettano. Le ragioni sono due. Gli inglesi si sentono in competizione con l’Italia perché gli indicatori economici ci danno spesso alla pari con loro se non più avanti. Quindi i media sono contenti quando possono farci apparire come peggiori di loro. Poi c’è il vecchio problema dei corrispondenti dei giornali stranieri a Roma, che sono tutti ospiti del “club” di Repubblica e assorbono quel modo di vedere le cose».
Le tv britanniche, quando devono sentire un esperto di cose italiane, intervistano la corrispondente dell’Espresso, «che parla malissimo dell’Italia». A volte i quotidiani britannici scendono in campo (il nostro), come quando il Guardian, alle ultime europee, «di fatto disse chi andava votato tra i candidati italiani». «Mandammo una lettera di protesta all’ambasciata italiana». Un’altra volta il Sunday Times pubblicò una bufala su un comandante talebano pagato dal governo italiano («lì andammo direttamente dal vicedirettore a lamentarci»).
Insomma il macchiettismo di un’Italia cialtrona, inconcludente e minacciata dal mostro Berlusconi rassicura il lettore britannico. Chi compra un giornale si aspetta di veder confermato il suo pregiudizio. «Così come non si aspettano un latin lover norvegese o un grande chef svizzero, i lettori inglesi così non sono preparati a sentir parlare bene del governo italiano».
Ma allora cosa succede quando non governa Berusconi? «Semplicemente parlano molto meno dell’Italia, o non ne parlano affatto. I giornali inglesi fanno un po’ come i comici italiani, che quando non c’è Berlusconi al governo non prendono in giro i nuovi ministri, ma sempre Berlusconi». E se di Obama «qualunque cosa faccia è sempre celebrato», per Berlusconi è il contrario, «se camminasse sull’acqua direbbero che non sa nuotare». Colpa anche dello staff berlusconiano «che non ha curato i rapporti con la stampa straniera, li ha dati per persi da molto tempo».
A Londra la comunità italiana si divide in due: «Quelli che si vergognano di essere italiani e subiscono lo stereotipo raccontato dai giornali inglesi, e quelli che invece soffrono di questo fango che ci buttano addosso». Chissà cosa gli risponderà l’International Herald Tribune.
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