Solo il calcio viaggia in prima classe. Anche se perde

Polemiche prima di lasciare Pechino, polemiche appena sbarcate in Italia. Qualcuno dirà: queste schermitrici sono proprio intrattabili. Però, visto che non abbiamo mancato di criticarle per gli eccessivi piagnistei olimpici, questa volta possiamo tranquillamente dire che Vezzali e compagne un po’ di ragione ce l’hanno. E lo diciamo senza essere sotto la minaccia di un fioretto.
Motivo del contendere è il viaggio aereo che ha riportato indietro gli azzurri che hanno concluso l’avventura olimpica. Al momento del check-in le nostre ragazze hanno imbarcato il loro bagaglio pieno di medaglie passando per la coda di quelli in economy, ma hanno scoperto che quelli del calcio - proprio la nazionale che si è fatta buttare fuori dal Belgio - erano un po’ più di là, dove passano i pannicelli caldi per le mani e lo spumantino prima di partire. Chiunque abbia fatto un viaggio in Cina nella categoria peones, sa cosa vuol dire: una decina d’ore da torcicollo con le gambe atrofizzate. Vedere invece i soliti noti spaparanzati sulle poltrone extra lusso della prima classe - si badi bene, neanche in business - ha fatto un po’ girare le rotelle a chi in fondo un po’ di gloria l’ha riportata a casa. E visto che le ragazze non le mandano mai a dire, appena sbarcate l’hanno detto.
Il Coni, prontamente, ha cercato di smorzare la polemica: «Noi abbiamo il biglietto aereo per tutti gli atleti in classe economica - ha detto il segretario generale Pagnozzi -, senza alcuna disparità tra i vari sport. Per noi sono tutti uguali. Questa è cosa nota a tutti, come è dimostrato anche dalle cifre per le spese di viaggio esposte nel corso della conferenza stampa prima dei Giochi. Se poi qualche federazione ha voluto incrementare il budget stanziato con fondi federali per un cambio di classe è una decisione che non ci riguarda...».
Tutto comprensibile, insomma: la Federcalcio è più ricca della Federscherma e dunque i suoi pupi possono essere coccolati a dovere.

La domanda però è questa: perché? Cos’hanno fatto insomma i nostri azzurri del pallone a Pechino per meritare i salatini di serie A? Ha detto Ancelotti a proposito della diatriba sui premi olimpici: «Non è colpa del calcio se i giocatori sono pagati di più». Vero. Ma visto che anche i ricchi a volte possono piangere, sarebbe meglio che il calcio imparasse a dare qualche pedata in più. E possibilmente nel sedere dei suoi campioni.

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