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Un solo caso a Vancouver Il Cio: «Vicini a fermarlo»

Vancouver. I Giochi Invernali si chiudono senza casi di doping, ma non tutti fanno festa. «Non siamo mai stati così vicini come ora a frenare il doping», dice convinto il tedesco Thomas Bach, vicepresidente del Cio, secondo il quale l’aumento dei controlli antidoping del 70 per cento - circa 2.000 in totale - rispetto ai Giochi di Torino 2006 hanno «intimidito» chi avrebbe voluto farne uso. «Sono convinto che siano un vantaggio i controlli sempre più sofisticati», dice Bach, che vede in futuro più controlli durante gli allenamenti.
Non tutti però si sentono già di cantare vittoria. L’esperto antidoping tedesco Werner Franke non crede infatti al valore assoluto dei test. «Non servono a niente. Non sono effettuati in modo intelligente», ha criticato il medico. Bisogna controllare, e tre o quattro ore dopo farlo di nuovo. «Fino ad ora, dopo un test, un atleta può essere sicuro di non essere controllato una seconda volta nelle successive 24 ore. Questo dovrebbero saperlo in realtà solo i signori della Wada, ma non si fa niente. La verità è che nessuno vuole frenare il grande sport: la Wada è o incapace completamente o completamente corrotta».
Come con i test antidoping dei Giochi di Pechino 2008, anche quelli di Vancouver saranno congelati e conservati per otto anni per poter esser analizzati più avanti con nuovi metodi. «I test successivi eseguiti sui campioni dei Giochi di Pechino hanno dimostrato che tutto può funzionare rapidamente», ha spiegato invece Bach.
A Vancouver la russa Svetlana Terenteva, giocatrice di hockey su ghiaccio, è stata l’unica atleta trovata positiva, perchè ha utilizzato uno spray nasale che conteneva una sostanza proibita.

Ma il Cio le ha dato solo un avvertimento consentendole di continuare a giocare il torneo.

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