Come vi è venuta l'idea di andare a cercare i «prigionieri della canzoni»?
«Lavoro alla radio e parlo spesso di musica d'autore, che poi è anche la mia passione da sempre: su Francesco De Gregori mi ci sono laureato, alla Statale. Trasmettevo i brani e mi chiedevo che fine avessero fatto i personaggi. Mi ero fissato soprattutto su Sally di Vasco. L'idea doveva diventare un programma radiofonico, ma poi ne ho parlato con Cattelan e lui ha detto: perché non ci scriviamo un romanzo?»
Detto fatto?
«Sono quasi dieci anni che scrivo canzoni. Il mio sogno era fare il cantautore e adesso ci sto riuscendo. Però il giorno dopo ci siamo messi a scrivere».
Tu sei l'autore, tra l'altro, dell'ultimo singolo di Ramazzotti, Ci parliamo da grandi. Comè il passaggio da cantautore a narratore?
«All'inizio è stata un'impresa: la mia misura è un singolo foglio A4 con un testo che deve durare tre minuti e mezzo al massimo. E lo standard di Alessandro è quello televisivo, dove ci sono meno regole e disciplina che nella narrativa».
Nel libro parlate spesso di Milano. E nelle tue canzoni non ne parli mai?
«Molte delle mie canzoni sono ispirate a Milano. Fratello pop, nel mio primo album. E la prima traccia di quello nuovo, Da casa a casa. È stata scritta in circonvallazione, tra Cinque Giornate e Porta Romana. Poco più avanti di piazza Tricolore c'è un semaforo e lì una notte ho avuto l'idea di scrivere una richiesta di perdono che dice: "Quando Milano si ferma e il cemento si scioglie nel cielo, quando per ogni semaforo rosso mi sento più solo. Ma questo è il prezzo per chi fa finta questo è il prezzo per chi non osa, così pensavo e mi maledico tornando a casa". Spesso le canzoni mi vengono in mente in quella strada, chissà perché».
Milano che cosa ti dà?
«Protezione. Dopo aver girato il mondo mi sento a casa solo qui. E poi gli alberi da due o tre anni sono verdissimi, soprattutto in piazza della Repubblica. La primavera a Milano mi sorprende sempre: sarò neoromantico».
Il tuo verso preferito su Milano?
«Quello de I treni a vapore di Fossati reinterpretato da De Gregori. Sentire Milano livida e scostumata per sua stessa mano mi ammazza tutte le volte».
Un personaggio di una canzone su Milano non l'avete cercato.
«Nessuno di loro ha un nome e un cognome».
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