La filosofia di Alessandra Abbisogno è racchiusa in una sola frase: «La maternità è un sogno che la scienza aiuta a realizzare». Lei lo sa bene, perché è stata la prima bambina italiana nata in provetta. Accadde a Napoli, l'11 gennaio 1983. Le capita spesso di entrare nella macchina del tempo. Lo fa con piacere, anche perché i bei ricordi sono piacevoli compagni di viaggio.
E così andiamo col calendario al quel fatidico giorno, quando il mondo intero parlò del «parto marziano». La foto in bianco nero di mamma Artemisia («Con quel nome non poteva che essere una donna coraggiosa») che la stringeva al seno finì addirittura sulla prima pagina del Times. «Ma io non mi sono mai sentita una marziana» ci dice Alessandra che oggi è madre di un bellissimo bambino («Avuto in modo naturale»). Fino alla sua nascita ha fatto la biologa, specializzata in embriologia. E questi studi la dicono lunga su come le sue «origini», consciamente o inconsciamente, abbiano inciso sul modo in cui si è rapportata alla vita. «Ma da quando è nato mio figlio ho deciso di cambiare lavoro. Quella della ricercatrice è un'attività totalizzante che mi avrebbe lasciato poco tempo per fare la mamma. Ora insegno matematica e scienze in una scuola media. Ho un po' di nostalgia per quello che facevo prima, ma anche il mestiere di docente mi regala soddisfazioni. Come quella di una studentessa che mi ha detto: Prof, da grande voglio fare la biologa. È la dimostrazione che riesco a trasmettere la passione per la materia che insegno».
Quella di Alessandra è stata un'infanzia serena («Grazie all'amore di mamma e papà che non mi hanno mai fatto sentire una bimba diversa»); un'adolescenza con qualche piccolo turbamento («Non dimenticherò mai il comportamento dei professori quando frequentavo le medie. Erano ignoranti e pieni di pregiudizi, parlavano di me come di un'aliena»); poi la consapevolezza dell'età adulta («Con l'obiettivo di combattere la grande ignoranza che ancora circonda il mondo della fecondazione assistita»). Già, l'ignoranza: «Oggi c'è molta più informazione, anche se spesso temi delicati vengono spettacolarizzati nei salotti tv in maniera deprimente». La rivoluzione di quella che nel 1983 era una «tecnica rivoluzionaria» ha fatto da molla alla sua curiosità: «Da piccola non ho subito traumi, da grande mi sono appassionata agli studi del professor Edwards, il padre nobile della fecondazione assistita: è lui che ha permesso di superare meccanicamente l'ostacolo che impediva alle coppie di procreare. Quello stesso ostacolo meccanico che impediva a mia madre di avere figli».
Della vicenda Antinori, Alessandra parla a fatica: quello del «ginecologo dei vip» è un universo con troppi buchi neri; lei gravita invece nello spazio che trova spinta propulsiva nell'etica e nella gratuità della donazione: «Non può esserci commercio in questo campo: l'ovulo è una particella di Dio, e non può esistere un business». Per la stessa ragione è contraria all'aborto: «Sopprimere una vita è un sacrilegio. Se Dio dona una gravidanza, occorre accettarla. Un figlio è una benedizione. Il mio è una benedizione per me come io lo sono stata per mia madre. Come diceva il Nobel per la pace Tagore: Ogni bimbo che nasce ci ricorda che Dio non è ancora stanco degli uomini». E qui c'è l'Alessandra donna (e mamma) che va perfettamente d'accordo con l'Alessandra embriologa: «Non c'è nulla di più appagante che far nascere quei bimbi che senza un aiuto medico non sarebbero mai nati». Proprio come è accaduto a lei. Che ha fatto da apripista al «gran prix» della fecondazione assistita: corse magari troppo veloci che hanno provocato incidenti. Sorpassi arditi che ora - con la riforma della legge 40 che consente (a determinate condizioni) anche la fecondazione eterologa - rischiano di trasformarsi in drammatiche fughe in avanti.
«La vita vince su tutto, ma noi uomini non dobbiamo mai smettere di rispettarla. Nessuno più di me può capire la gioia della maternità e la scienza è lo strumento per realizzare i nostri sogni. Da quando sono nata io ad oggi si sono fatti progressi enormi, ma non esiste progresso senza il supporto decisivo dell'etica e della morale». Secondo la più recente ricerca del Censis le donne che si sono sottoposte alla fecondazione artificiale nel periodo 2000-2015 sono state 88.365 (+43,8% rispetto al precedente quinquennio), mentre sono stati 18.286 (+158,3%) i bambini nati grazie a questa tecnica. «Da quando sono nata io ad oggi, la scienza ha fatto progressi favolosi». Ma Alessandra coglie in questo anche alcuni aspetti negativi: «Molte ragazze non sanno da giovani cosa vogliono davvero. Gli anni passano. Quando si inizia a dare il giusto valore agli affetti e alla famiglia l'età biologica è avanzata. E allora si cerca di recuperare il tempo perduto ricorrendo alla scienza. Ma non è giusto decidere di aver un figlio a 50 anni». Non risparmia critiche a chi «interrompe volontariamente la gravidanza da giovane e poi dopo parecchi anni decide di fare la fecondazione». Ma se il progresso lo permette, perché rinunciare anche a questa possibilità? «Perché la medicina deve essere al servizio della vita, non dei nostri calcoli opportunistici». Ma la realtà è ben diversa. Secondo il «Rapporto 2015 sulla procreazione assistita», chi sceglie la provetta lo fa, in un caso su due, non per una sterilità cronica, ma per una sorta di «emergenza anagrafica» (la media dei richiedenti è di 40 anni per gli uomini e 37 per le donne). E va sottolineato che per scienza gli over 29 sono già considerati soggetti a «bassa capacità riproduttiva». Un ciclo di «fecondazione medicalmente assistita» costa circa 4mila euro.
Costi che si triplicano se dalla pratica omologa si passa a quella eterologa: tecnica ammessa (solo in caso di sterilità assoluta e irreversibile) da una recente sentenza della Consulta, che ne sancisce anche la - teorica - «gratuità».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.