Milano - Dunque è così: è partita la riscossa dei buoni sentimenti. Nel pop s’intende, perché altrove la situazione è un po’ più complicata. E basta dare un’occhiata in giro: da Miley Cyrus ai Jonas Brothers, fine delle provocazioni. Fine delle smargiassate, fine di tutto ciò che non sia buono e giusto. Bei tempi (si fa per dire) quelli in cui Britney Spears o Christina Aguilera miagolavano sul palco e si drogavano fuori e naturalmente si vestivano come al Misex per la gioia di plotoni di fans ululanti. Un’altra epoca. Adesso è il momento del bon ton, nel guardaroba ma pure negli atteggiamenti, nei testi, nello stile di vita. Prendete i Jonas Brothers, tre fratelli americani figli di un pastore evangelico, che vendono palate di cd (centomila solo in Italia). Girano con l’anello di castità, giurano di rinunciare al sesso fino al matrimonio, devolvono il dieci per cento dei loro incassi milionari alla loro fondazione per i bambini «meno fortunati» e parlano ogni tre per due della famiglia, della loro importanza, di quanto sia bello andare in tour con papà e mamma. E vendono milioni di dischi in tutto il mondo. Ricordate le rockstar di una volta, piene di trasgressioni come un adolescente di brufoli? Scordatevele. Adesso i Jonas Brothers concedono interviste a Famiglia Cristiana in cui dicono che «per noi è normale rivolgersi a Dio anche prima dei concerti» e che «senza negare tutte le difficoltà e le bruttezze del mondo, ci piace essere positivi, riuscire a dare speranza attraverso la musica». Insomma, un altro mondo. E Miley Cyrus? Idem. Non ha neanche vent’anni e guadagna come una multinazionale ai tempi degli hedge fund però guai a trasgredire. È la stella di Hannah Montana, la serie Disney che è in qualche modo la bibbia di questa nuova tendenza perché riporta in pista un concetto fondamentale: nel mondo dello spettacolo è il talento a essere decisivo, mica il resto. E così lei, nel marasma di progetti, collaborazioni e apparizioni, rimane nell’immaginario dei suoi fans quella che, quando le hanno consigliato di ricorrere alla chirurgia estetica, ha risposto: «Ma che accidenti state dicendo? Prima lasciatemi almeno crescere». Per carità, non è l’unica: anche Taylor Swift, per fare un altro esempio, è identica, vende più dischi degli U2 eppure riesce a trasmettere ciò che alle popstar mancava da almeno quarant’anni: i buoni valori tradizionali, quasi neocon, quasi irreali tanto sono inediti in questi ambienti. Perciò non contano tanto i cd (di enorme successo), i concerti, i film e le serie tv (idem). Conta che c’è una generazione di ragazzi, quelli che seguono Hannah Montana o Camp rock e vanno ai concerti di Miley, dei Jonas o di altri, insomma c’è la nuova leva di ragazzi occidentali che cresce senza bombardamenti negativi o ansiogeni o nichilisti e che riceve dai giovanissimi idoli pop lezioni di vita che magari non ascolta neppure in casa e non perché non ci fa caso. Ma proprio perché non gliele parlano. È un segno decisivo dei tempi e, naturalmente, il dibattito è aperto: per qualcuno, si tratta di una montatura patinata e basta. Niente di vero, niente di credibile, tutto naturalmente frutto del cinismo di manager ungulati o di papà avidi. Può essere. Ma nulla nasce per caso e, come confermano anche i sociologi, nei teenager c’è un bisogno diffuso di punti di riferimento positivi, di speranze confortevoli e genericamente di ottimismo.
Perciò il successo planetario, mostruoso negli States ma sensibile anche qui in Europa, di questa ondata di idoli pop che sono l’esatto contrario di quanto faceva moda fino a pochi anni fa. Durerà? Chissà. Senza dubbio però lascerà un segno neanche tanto volatile. E, nell’epoca dell’usa e getta, alla fine è un risultato da applaudire già adesso sulla fiducia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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