da Milano
«Al massimo, con 50 euro vai con una straniera in albergo o in macchina, mentre con unitaliana devi pagare 100 euro comunque. Be, vuol dire che con 100 euro vai due volte con una romena o unalbanese», dice Marco, cliente abituale, davanti ai ricercatori dellIsmu che provano a entrare nella testa di chi compra corpi femminili. Matematica del sesso mercenario, semplice e banale, come il bisogno che porta sulla strada qualcosa come 9 milioni e mezzo di uomini italiani. «Sono loro, le donne, a costringerti a cercare sesso a pagamento perché quando ti sposano promettono che farai sesso tutte le volte che ne avrai voglia, poi lo usano come una risorsa, anzi unarma, uno strumento per ottenere ciò che vogliono».
Marco è sposato, con figli. Incarna appieno lidentikit del frequentatore di prostitute: dai 35 ai 50 anni di età, istruzione medio-alta, col vizio di sfogarsi ogni quindici giorni quindici chiedendo niente più che «ordinarie prestazioni». Non è un tipo solitario o un disadattato. Usa internet per navigare nei siti dedicati, dove scambia informazioni con la comunità di colleghi. Elabora commenti e recensioni sui «prodotti», magari piazza bandierine su Google maps o propone «fund raising» per testare le novità in circolazione. Come tutti gli altri mette il preservativo ma è disposto, diciamo, a «straordinari», se può farne a meno e, quando può, sceglie le donne dellEst europeo - insomma quelle che «non fanno le cose come una catena di montaggio, un colpo e via, ma ti danno anche un po daffetto».
Negli ultimi mesi, da Torino a Palermo, di affetto a buon mercato se ne trova davvero a volontà. Da 70 a 100mila persone, a seconda delle stime, compongono lesercito di chi si offre a pagamento sulle tangenziali o nelle stanze arredate da branda e comodino. Transessuali a parte (addirittura il 30 per cento) è un plotone ecumenico con almeno 60 nazionalità rappresentate: in testa sempre le nigeriane, sebbene la concorrenza delle romene in tempi di Europa allargata si stia facendo sentire. Ma il vero fenomeno, confermano gli osservatori, sono le cinesi, fresche arrivate, spregiudicate quanto basta, abili a gestirsi a livello imprenditoriale perché ormai hanno in pugno la rete degli appartamenti. E con le spalle davvero «coperte».
Tutte schiave? «La presenza del racket è preponderante - spiega Andrea Di Nicola, docente di criminologia alluniversità di Trento e coautore del primo studio qualitativo in materia -. Eppure solo una prostituta su tre, da noi avvicinata, dichiara di essere realmente sfruttata. Arrivando a consegnare fino a 7mila euro al mese alle organizzazioni della tratta. Le altre ammettono che, al momento di entrare in Italia, erano a conoscenza del destino che le aspettava. Poi, una volta messe sulla strada, hanno deciso di continuare. E una su cinque è minorenne». Il turnover della prostituzione resta ampio e accelerato - «è uno dei modi per sfuggire ai controlli» -, come tutte le industrie che si rispettino risente delle stagioni. Ad alta e bassa intensità, il picco da giugno ad agosto, il calo nei mesi invernali.
Il boom delle presenze, in funzione della domanda, si polarizza attorno ai grandi centri urbani. Unaltra ricerca del Parsec per il ministero delle Pari opportunità ha calcolato una media di 7mila lucciole gravitanti nel Lazio (oltre 5mila nella sola capitale), 6mila in Lombardia (più della metà a Milano), 3.500 in Veneto, 3mila a Torino dove spadroneggiano i clan africani, 2mila a Napoli. La riviera romagnola e il litorale della Toscana in estate si «attrezzano» in base alle esigenze dei vacanzieri.
Il sistema alimenta un giro daffari pari a 90 milioni di euro mensili, che moltiplicati per 12 sfondano abbondantemente quota un miliardo. Nel Bel paese la prostituzione non è reato finora punito, lo dimostrano i tanti quartieri residenziali trasformati in Sodoma e Gomorra.
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