Torino Nel covo di Zinedine Zidane e di tanti altri bianconeri del recente passato, Guus Hiddink avrebbe ieri consumato il suo primo pranzo torinese: da Angelino, in corso Moncalieri, quasi sulle rive del Po. In compagnia del suo staff e non di dirigenti juventini, tutti recatisi a Vinovo per parlare alla squadra e a Ferrara. Lì, Blanc, Bettega e Secco hanno invitato tutti per lennesima volta a dare il massimo per lonore della maglia e per provare a vincere qualcosa di concreto nellattuale stagione: stasera a Torino arriverà il Napoli nella partita unica che vale laccesso ai quarti di finale di Coppa Italia, sbagliare non si può pena unaltra notte da incubo. Per quel che pare di capire, però, la sorte di Ciro lEx Sorridente è ormai segnata: comunque vada stasera, dovrebbe essere proprio Hiddink a prenderne il posto con un contratto fino a giugno 2012, la stessa scadenza dellaccordo recentemente sottoscritto da Bettega (malgrado il procuratore dellallenatore olandese si ostini a negare ogni contatto con la Juve). Se poi stasera i resti della Juve dovessero seppellire il Napoli sotto una valanga di reti, magari si farà finta di nulla unaltra volta per tornare poi a istituire processi al primo ko.
In un clima del genere, con i lineamenti del viso sempre più scavati, Ferrara ieri ha anche provato a dirsi forte: «Prendo cazzotti tutti i giorni, ma al mio avversario dico che non mi fa male. Sono come Rocky». Dimostrazione di convinzione e serenità, se si finisse qui. Invece la chiacchierata ha scoperto alcune crepe nella solidità del tecnico napoletano il quale, dopo la visita della nuova Triade, ha tenuto la squadra a rapporto per unora abbondante esaminando i video delle ultime partite per analizzare errori e ingenuità assortite.
Le crepe, si diceva: «Sono grande abbastanza e so che il destino di ogni allenatore è legato ai risultati: se non ci sono quelli, la società prenderà i provvedimenti più giusti che servano a ribaltare una tendenza negativa». Pare un inizio di addio, insomma: «Nel caso, prenderei lesonero non come una sconfitta, ma come una tappa di crescita nel mio inizio di questa nuova carriera. Vi garantisco però che sono molto concentrato e determinato nel volere cambiare lattuale stato delle cose. Prendo sberle tutti i giorni e sono pieno di sangue, ma non cè nulla che mi butti giù. Mia mamma me le dava più forte». Studiata o no, metafora azzeccata che però rischia di lasciare il tempo che trova: «Non ho mai pensato chi me lha fatta fare ad allenare la Juventus, non scherziamo neppure: averne, di patate bollenti come questa. Nessuno mi ha detto o batti il Napoli o sei fuori. Dopo di che, come si dice a casa mia, si chiude una porta e si apre un portone». Più chiaro di così
Quel che invece vorrebbe la Juve stasera è tenersi aperta la possibilità di vincere la Coppa Italia. Battere il Napoli in queste condizioni, però, rasenta limpresa anche se «i ragazzi non credo si facciano condizionare da questo clima di incertezza, la personalità non manca». Mancano i giocatori, questo sì: oltre ai tre ceduti di recente (Molinaro, Tiago e Ariaudo), otto rimarranno a guardare (Iaquinta, Sissoko, Buffon, Camoranesi, Trezeguet, Giovinco, Poulsen e lo squalificato Marchisio) e Ferrara dovrà inventarsi il centrocampo quasi per intero: Salihamidzic giocherà centrale con Felipe Melo, a sinistra De Ceglie e a destra uno tra Diego (nel caso, Del Piero affiancherà Amauri) e Caceres. «Ma non chiedetemi se torneremo al rombo oppure no», ha quasi supplicato Ferrara. Apparentemente sereno, in realtà provato da questo tira e molla infinito che lo ha lasciato sulla graticola per tutte le vacanze di Natale: la vittoria di Parma è stata unillusione, il Milan ha cancellato la patina di ottimismo che si era depositata sulla macchina bianconera e stasera potrebbe arrivare il «the end».
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