"Sono dannose le scatole cinesi, non At&t"

Morando: "Ma quale italianità da difendere? Pensiamo piuttosto ai piccoli azionisti inermi di fronte ai patti di sindacato"

"Sono dannose le scatole cinesi, non At&t"

Roma - Enrico Morando, presidente diessino della commissione Bilancio del Senato, non condivide la preoccupazione espressa da altri esponenti del suo partito per l’ingresso dell’At&t e di America Movil in Olimpia; e, quindi, in Telecom.
«E perché dovrei essere preoccupato? In fin dei conti ci troviamo davanti ad un’operazione analoga a quella che portò Tronchetti a controllare Telecom. All’epoca nessuno si pose il problema di come Pirelli, attraverso lo strumento delle scatole cinesi, arrivò a controllare Telecom, senza ricorrere a un’Opa. E chi di “non Opa ferisce...”».
Prego, finisca la frase...
«Insomma, qui si finisce di dimenticare che la grande anomalia italiana è data da quell’originale eufemismo che è il “capitalismo di relazione”. Le società vengono controllate da patti di sindacato. Ne consegue che non c’è alcuna tutela degli azionisti di minoranza. Basta scalare una scatola cinese e il gioco è fatto. Tutto il contrario della trasparenza garantita dal meccanismo delle Opa: meccanismo che tutela tutti, azionisti di maggioranza; ma soprattutto di minoranza».
Paradosso per paradosso, anche l’operazione At&t è figlia di questo «capitalismo di relazione». Nella maggioranza e nell’opposizione si lamenta che, in questo modo, verrebbe meno l’italianità dell’azienda...
«Ma quale italianità! L’italianità di un’azienda non è un valore da difendere in sé. L’operazione presenta le stesse lacune che portarono Tronchetti al controllo di Telecom. Qui non si parla di chi controlla, ma di come arriva al controllo di un’azienda. È questo il problema che abbiamo davanti. Eppoi, fino a un po’ di anni fa, la nostra era un’economia domestica, locale. Le nostre imprese non erano aperte all’esterno. Ora, invece, ci siamo aperti. E non è un caso che arrivino gli americani e i messicani. Arrivano perché le nostre imprese sono gestite da questo meccanismo delle scatole cinesi. Un meccanismo che manifesta l’estrema debolezza del nostro capitalismo, e i colossi internazionali ne approfittano. Si parla tanto della rete Telecom e di una sua separazione sul modello inglese. Ma se in Gran Bretagna si racconta che le aziende sono controllate con i Patti di sindacato, chiamano il 118».
A dir la verità c’erano, e forse ci sono ancora, anche gruppi finanziari italiani interessati a sfruttare quella che lei definisce la debolezza del nostro capitalismo, le scatole cinesi.
«Certo che ci sono banche e istituti finanziari pronti a sfruttare la situazione. E quello delle banche è un caso paradossale. Nel patto di sindacato di Telecom ci sono alcune banche che, oggi, potrebbero far parte di cordate destinate ad acquistare le azioni di Olimpia. Cioè della scatola cinese che controlla Telecom. Insomma, sono nella doppia posizione di acquirenti e venditori. Quale ruolo adotteranno?».
Crede che l’At&t sia stata affiancata dall’amministrazione americana nell’operazione Telecom?
«Non so se l’At&t sia stata affiancata dall’amministrazione Usa nell’operazione Telecom. Comunque, non me ne stupirei. Credo sia naturale che un governo affianchi una propria impresa impegnata in una grande acquisizione internazionale.

Penso che formule di affiancamento ci siano state anche da parte del nostro governo nei confronti dell’Enel e dell’Eni in Russia. E ritengo che l’operazione dell’Enel in Spagna non sia stata proprio indifferente a Prodi. Quindi, perché scandalizzarsi se l’amministrazione Usa ha affiancato, o affianca, l’At&t?».

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