«Sono Enzo Ferrari, ma non posso fare il pilota»

Il bisnonno lo proibì già al figlio Piero: «Ripeteva che chi corre rischia la vita Anche se oggi è diverso»

nostro inviato a Fiorano (Modena)

All'epilogo della grande festa per i 60 anni del Cavallino rampante (oggi parata finale sulla pista di Fiorano con il presidente Luca di Montezemolo e i piloti del presente e del passato) non poteva mancare Enzo Mattioli Ferrari, pronipote del Drake, nipote di Piero, vicepresidente dell'azienda, e figlio di Antonella Ferrari, avvocatessa e docente universitaria. Dice di lui il nonno Piero: «Mi auguro che Enzo e suo fratello, che porta il mio stesso nome, rappresentino in futuro la continuità dei Ferrari in questa azienda. Il 10% della società, ora in mano mia, è destinato ad Antonella, Enzo e Piero, nel segno della continuità familiare.
«Quando Enzo è nato mio padre si complimentò con Antonella perché era un maschio e per il nome (hai fatto bene a chiamarlo Enzo - osservò, cercando di tradire l'evidente commozione - è un nome breve). Sei mesi dopo papà morì». Ora Enzo Ferrari ha 19 anni, frequenta il primo anno della facoltà di economia e marketing internazionale a Modena.
È tifosissimo del Milan, guida una Mini Cooper («ma sto aspettando la nuova Fiat 500») e, quando gli è concesso, si mette al volante della 328 che il nonno donò a mamma Antonella per la laurea.
L'incontro con Enzo junior, mamma Antonella e nonno Piero avviene nello studio che fu del Drake, a Fiorano («No - puntualizza subito Enzo - niente foto seduto alla scrivania del bisnonno, non voglio foto marchetta»). «Tutto è rimasto più o meno come quando, da bambina, venivo qui e con nonno Enzo guardavo alla tv il gran premio», aggiunge con un filo di voce Antonella. Fuori dalla vecchia foresteria c'è il caos: è appena arrivato Montezemolo, con lui c'è Niki Lauda. La febbre dei festeggiamenti comincia a salire.
Enzo, cosa vuol dire chiamarsi come il Drake?
«È un'eredità importante e sono consapevole che devo sempre essere all'altezza del cognome che porto. Fin da piccolo ho sempre sentito parlare di motori. Ho vissuto in un ambiente quasi mistico».
Che rapporto hai con nonno Piero?
«Lo ammiro molto. Come ha scritto nel suo ultimo libro, il nonno non ha mai cercato di imitare suo padre, un uomo irripetibile. Spesso vado nel suo ufficio a Maranello e parliamo a lungo di tutto. È un grande esperto di motori. Stargli vicino mi dà tranquillità. E poi, quando vado da lui, mi piace visitare la fabbrica e vedere i vari processi della produzione».
Che ricordi hai del bisnonno?
«È morto poco dopo la mia nascita. Sento sempre dire che quando mi prendeva in braccio erano tutti preoccupati per come mi teneva».
Sai se il Drake espresse il desiderio di vederti, per esempio, pilota?
«Assolutamente (“papà lo proibì a me e io l'ho vietato a Enzo - interviene Piero Ferrari - tenendo così fede a una sorta di tradizione familiare”). Il bisnonno soleva ripetere che i piloti rischiano la vita. Ora la situazione è cambiata, ma a quei tempi essere pilota era veramente pericoloso».
Sotto sotto, però, il desiderio di sederti al volante di una monoposto...
«Beh, non mi sarebbe dispiaciuto. Amo guidare».
Dopo la laurea ti aspetterà un futuro in azienda?
«È presto per fare progetti. Non basta chiamarsi Enzo Ferrari, bisogna meritarsi un ruolo alla Ferrari».
In quale reparto ti piacerebbe lavorare?
«Forse la divisione comunicazione, anche perché mi piacciono molto le lingue straniere. Ma, ripeto, non facciamo fantaprogrammi».
Il tuo pilota preferito?
«Senza dubbio Schumacher, il mio mito. Grandissimo come uomo e come campione. È unico, non ce ne saranno più come lui».


Cosa pensano di te i tuoi amici?
«Chi non mi conosce penserà che vivo su un altro pianeta. Falso. La mia famiglia mi ha sempre insegnato a rapportarmi con tutti allo stesso modo. Cerco di essere il più possibile me stesso, seppur con i miei difetti».

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