Egregio dottor Lussana, genovese di nascita, ma residente a Milano dagli anni Sessanta, dopo la mia laurea in ingeneria chimica a Genova, ho dovuto emigrare come tanti a Milano, dove ho trovato impiego e qualche successo professionale ed anche come scrittore di storia.
Sono tuttora un lettore abbastanza assiduo anche de «il Giornale», ma ovviamente delledizione milanese.
Or giorni, proprio in un mio passaggio per il Ponente ligure, mi è capitata ledizione del 9 marzo scorso, dove vi ho trovato linserto «Genova», nel quale ho potuto rilevare un confronto di diverse opinioni, molto interessante, sulla nostra Liguria e le sue genti di ieri e di oggi. In particolare mi sento di condividere largamente le riflessione sul «popolo» ligure e genovese di Gianni Silvestri.
Esiste sì una certa identità tra i diversi liguri di quel territorio compreso tra il fiume Vara e levante ed il Var a ponente, includendo a meridione del Tirreno lisola di Corsica, a principalmente solo sul piano squisitamente etnografico: per il resto cè stato nei secoli passati un particolarismo esacerbato ovunque, addirittura tra le persone ed in più accompagnato da accaniti campanilismi tra le comunità locali, siano città o cittadine, vallate e perfino nellisola di Corsica.
Ma il 14 maggio 1814 sbarcava dalla Sardegna Casa Savoia con il Re Vittorio Emanuele I e dal quel momento iniziava quel percorso sabaudo, che diede, non solo ai genovesi, ma anche alle altre genti disperse della penisola italica, unidentità nazionale: lItalia diventò «nazione» e «nazione» è ancora oggi.
Personalmente sono orgoglioso e mai dimentico della mia originaria genovesità, quale essa è nei suoi caratteri ed aspetti, così bene evocati da Gianni Silvestri, ma mi glorio di essere assolutamente «italiano», intimamente affratellato a tutti i miei concittadini esistenti in questa meravigliosa penisola stretta tra le Alpi ed il mare, ora «Nazione», chiamata Italia.
La vera e la più grande ricchezza che ci ha dato e lasciato la dinastia millenaria dei Savoia da Vittorio Emanuele I - anno 1814 - fino ad Emberto II - anno 1946 - è proprio quellidentità nazionale, che si può ben chiamare la nostra «italianità», identità che dovrebbe alimentare, come già in un glorioso passato alimentò, i comportamenti civici di un popolo in libertà e progresso, quale che sia lordinamento etatico, monarchia ieri o repubblica oggi.
Facciamo fruttare questa identità ancora e ci verrà solo bene da questa ricchezza sabauda.
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