Sono incoraggianti due ricerche sul melanoma presentate a Berlino al congresso di oncologia

Passi in avanti nel trattamento del melanoma. Il tumore della pelle più grave che colpisce ogni anno circa 160mila persone nel mondo, con una sopravvivenza media che non va oltre i 12 mesi. Curabile se diagnosticato precocemente, ma con poche opzioni terapeutiche quando è in fase metastatica. Incoraggiano e aprono nuove prospettive terapeutiche due studi iniziali, presentati di recente a Berlino al congresso europeo di oncologia Ecco- Esmo (oltre 15mila i partecipanti di 120 paesi).
Più in particolare i risultati di uno studio di fase II definito Beam, in cui sono stati inclusi 214 pazienti con melanoma maligno avanzato mai trattato, dimostrano che l’impiego di bevacizumab (farmaco biologico) insieme alla chemioterapia, riduce il rischio di progressione della malattia del 22 per cento, migliora la sopravvivenza complessiva in media di tre mesi e diminuisce il rischio di morte del 21 per cento. In sostanza i pazienti trattati con biologico e chemioterapia hanno avuto una sopravvivenza media di 12.3 mesi, rispetto ai 9.2 mesi della sola chemioterapia.
«I risultati dello studio Beam sono molto incoraggianti e impongono ulteriori ricerche», ha dichiarato lo statunitense Steven O’Day, responsabile della ricerca e direttore del programma per il melanoma presso il The Angeles clinic and research Institute (California). «Per il melanoma maligno esistono attualmente così poche opzioni terapeutiche che meno del 5 per cento dei pazienti sopravvive oltre 5 anni, perciò sono davvero felice delle evidenze di un possibile miglioramento degli esiti per questa devastante malattia».
Un nuovo capitolo in merito alle terapie oncologiche mirate si apre invece con PLX4032, un inibitore selettivo del gene BRAF. In uno studio di fase I di estensione, su pazienti precedentemente trattati e affetti da melanoma, portatori della mutazione BRAF, il 70 per cento ha avuto una diminuzione delle dimensioni del tumore dopo il trattamento con il farmaco.

La molecola in questo caso agirebbe bersagliando e distruggendo le cellule tumorali portatrici della mutazione, un importante mediatore della crescita e della divisione cellulare. Quando quest'ultimo subisce una mutazione, diventa causa del 60 per cento dei casi di melanoma. «Troviamo incoraggianti i dati dello studio Beam», ha affermato William Burns, della divisione pharma Roche.

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