Il sei politico ai suoi alunni, Oreste Pacelli, giura di essere stato costretto a darlo. «E che potevo fare? - si lamenta - Mi hanno obbligato ad insegnare una materia che non conosco, su quali basi avrei potuto dare insufficiente ai miei studenti?».
Itis Giorgi, settembre 2006. La disavventura del professor Pacelli è iniziata una mattina, poco prima di entrare in aula. «Stava per cominciare lanno scolastico quando mi hanno comunicato che non avrei più dovuto insegnare elettronica, ma sistemi elettronici, una materia che io non conosco». Tutta colpa delle classi, non quelle dove studiano gli alunni, ma quelle di concorso: quelle, per capirsi, che dividono le materie in macroaree di competenza dellinsegnate, che per superare il concorso ed essere assunto dovrà dimostrare di conoscere. «Quando ho preso labilitazione era il 1984 e la mia classe di concorso prevedeva linsegnamento di elettronica generale e industriale, tecnologie e disegno». Anni più tardi, però, il Ministero ha aggiunto anche «sistemi elettronici», cioè lo studio dellapplicazione dellelettronica nel campo degli impianti. «Io ho sempre cercato di aggiornarmi, ma in questo caso mi mancano proprio le basi, quando mi sono laureato io in ingegneria elettrotecnica, nel 1968, certe cose non esistevano neppure!».
Si scalda Oreste mentre racconta la sua «barzelletta»: «Nessuna azienda affiderebbe mai un incarico a un ingegnere senza accertarsi prima delle sue conoscenze, perché invece nelle scuola non funziona così?».
Arrivato in aula quel giorno, Oreste ha deciso di essere chiaro con i suoi alunni, fin dallinizio: «Gli ho detto tutta la verità, quindi mi sono messo daccordo con il tecnico di laboratorio per insegnare un programma alternativo chiedendo ai ragazzi di fare una tesina finale, per giustificare in qualche modo il voto». A verbale, durante ogni consiglio di classe, faceva mettere per iscritto il proprio disagio. Infine un appello al preside, lingegner Rodolfo Rossi: «Mi faccia fare un corso di aggiornamento: a 65 anni sono pronto a mettermi a studiare per imparare bene la materia e quindi poterla insegnare». Del maggio scorso la risposta, scritta nella sanzione disciplinare indirizzata dal preside al docente: «..i corsi di aggiornamento io sono tenuto ad organizzarli non per i singoli insegnanti ma almeno per gruppi».
Tira e molla. Lavvertimento scritto del preside è datato 30 maggio 2008, prima di allora, uno scambio di missive e un colloquio che non hanno portato a nulla di fatto. Nel frattempo, di anni scolastici ne sono trascorsi due, e a fine anno sempre la stessa storia: sei politico per tutti «e sette solo ai più attenti». Di insufficienze il professor Pacelli non ne vuole neanche sentir parlare, «il primo a meritarsela è questo assurdo sistema scolastico».
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