Sorrentino: "Il mio Andreotti? Non ho ancora capito chi sia"

Il regista del film sul senatore a vita: "Uomo enigmatico e sussurrante, mi sono basato sulle carte dei processi"

Sorrentino: "Il mio Andreotti? Non ho ancora capito chi sia"

Roma - Paolo Sorrentino sta ancora lavorando al missaggio del Divo. Niente anteprime per i critici, il film su Andreotti (e le sue traversie giudiziarie) si vedrà solo il 23 maggio a Cannes, il 28 uscirà nelle sale in 280 copie distribuito da Lucky Red, e poi sarà quel che sarà. I giornalisti già si prenotano, nella speranza di accompagnare il senatore al cinema, nel primo giorno utile, per resocontarne impressioni e giudizi. Ci si chiede: come parlerà e si muoverà il camaleontico Toni Servillo? Scandirà, col sorriso sibilante e curiale, battute del tipo «A parte le guerre puniche mi hanno attribuito di tutto»? Chissà. Intanto, dopo mesi di rigoroso silenzio stampa, arrivano oggi le prime foto ufficiali di Servillo truccato da Andreotti, concesse in esclusiva al Venerdì. Neanche il manifesto, elaborato dallo studio Interno Zero, s’era spinto così avanti, preferendo giocare sull’attesa del disvelamento: la bocca semichiusa dell’attore, le mani giunte percorse da un rosario.

Il divo dovrebbe aprirsi con un salto negli anni di piombo. Andreotti che esce di casa poco dopo l’alba, protetto dalla nutrita scorta, per la consueta Messa. Niente sembra turbarlo, neanche la certezza di essere nel mirino delle Br dopo la morte di Moro. Solo una bella signora, mattiniera come lui, ne scuote lo sguardo: la donna adulterina, forse dissoluta, sta diventando una presenza amica, cerca aiuto nel suo opposto per risolvere il dilemma morale. Insomma, un Andreotti appena fantasticato, oppure visto da vicino, nel privato familiare e nelle fragilità della salute, distante dall’imitazione di Oreste Lionello o dalle antiche caricature di Gal su l’Unità. Ma anche un «divo» osservato con un assoluto distacco morale risolto stilisticamente, come Sorrentino ama fare nei suoi film elegantemente ambigui, dove pure i più fetenti giganteggiano su una certa mediocrità piccolo borghese.

Dice il regista: «Non ho ancora bene capito che Andreotti esca dal mio film. Certo, un uomo enigmatico, senza arroganza e senza umiltà, immobile e sussurrante. Lui resta insensibile ed uguale a se stesso di fronte a tutto, fino a quando il contropotere più forte, la mafia, decide di dichiarargli guerra. Allora le cose cambiano. Ma una cosa è certa: difficile scalfire Andreotti, l’uomo che, più di tutti noi altri, sa come si sta al mondo». Per l’autore di Le conseguenze dell’amore è la terza volta a Cannes, un record. «Dato che mi fanno ’sto regalo, vado volentieri», sorride. Il confronto con Gomorra di Matteo Garrone, l’altro titolo italico in gara, non lo preoccupa: «Siamo amici, giochiamo insieme a calcetto, abbiamo stili diversi ma idee simili. In ogni caso, ogni volta che non parto favorito poi mi sono sempre trovato bene».

Archiviata l’immagine di Belzebù, il trentasettenne cineasta partenopeo vede Andreotti come incarnazione metafisica della politica, come un «enigmatico reagente» da opporre a convinzioni e pregiudizi. «Un uomo talmente indecifrabile che persone più esperte di me in materia, da Scalfari a De Mita, alla fine si sono dovute arrendere. Andreotti è un muro che nessuno riesce a sfondare. Mi affascina la sua complessità psicologica, la sua longevità politica, la sua contentezza asciutta e impalpabile». Sorrentino ignora come sarà preso il suo film. «Spero che se ne parli, anche se in Italia c’è la querela facile. Ma io ho lavorato sugli atti processuali di Palermo, non mi sogno di cambiare le sentenze». Il fatto è che Il divo fa nomi e cognomi. Accanto alla moglie Livia e alla segretaria Vincenza (Anna Bonaiuto e Piera Degli Esposti), si vedranno Scalfari (Giulio Bosetti), Pomicino (Carlo Buccirosso), Sbardella (Massimo Popolizio), Evangelisti (Flavio Bucci), Ciarrapico (Aldo Ralli), Cossiga (Pietro Biondi). Una bella fetta di mondo democristiano d’antan.

A proposito di Cossiga, si favoleggia di una toccante scena in sottofinale nella quale Andreotti, a conclusione di un dialogo tra storia e politica, muta espressione e confessa all’amico sardo: «Te la ricordi la sorella di Vittorio Gassman? Sono stato innamorato di lei». Anche per questo siamo tutti curiosi di vedere come sarà Andreotti by Servillo.

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