Per un sorriso accusato anche un prete

In caserma disse: «Ho dei sospetti perché mia figlia giurava di non conoscerlo»

da Rignano Flaminio

Un paese preda del sospetto, a caccia di orchi, predatori e «uomini neri», magari anche in clergyman. Genitori pronti a drizzare le antenne e a puntare il dito contro presunti mostri per un semplice buffetto al bambino, o per la reazione perplessa del piccolo al gesto affettuoso o allo sguardo di un estraneo. E nel mirino finiscono i preti. Potenza dei tempi, o reazione alle dichiarazioni prudenti e innocentiste di «don Henry», parroco del paese, schierato dalla parte delle maestre. O colpa, forse, di una psicosi che, dalle prime denunce, si è espansa come un virus tra le mamme e i papà di Rignano Flaminio. Psicosi innegabile, quantomeno come effetto collaterale, comunque andrà a finire la vicenda dei presunti abusi nell’asilo «Olga Rovere» del paesino laziale.
Un assaggio del clima di caccia a streghe e stregoni salta fuori, per esempio, da un verbale di sommarie informazioni rese dalla mamma di una delle bimbe che avrebbero subito gli abusi. È la fine di novembre dell’anno scorso, e la donna si presenta alla stazione dei carabinieri di Rignano per un’ulteriore integrazione alle dichiarazioni rilasciate ai militari da lei o dal marito in quattro occasioni nei mesi precedenti.
Forniti ragguagli e nuovi dettagli sui «racconti» della figlia, alla domanda di routine dei carabinieri («ha altro da aggiungere?») risponde indicando un nuovo, potenziale sospetto.
«Voglio precisare che nel mese di settembre - mette a verbale la donna - mi sono recata unitamente a mia figlia al supermercato Super Emme, dove incontravo il parroco di colore di Rignano Flaminio che si accompagnava a un altro prete, pure di colore, più basso di lui. Quello più alto, il parroco di Rignano, alla vista di mia figlia le ha dato uno schiaffetto-buffetto sul capo e le ha sorriso».
Non sembra esattamente l’istantanea di una scena del crimine. Ma tra settembre e novembre c’è stato il blitz dei carabinieri nell’asilo, e così quel vecchio ricordo alla luce dei nuovi eventi torna a galla. Arricchito improvvisamente, per la mamma, di nuovi, inquietanti significati, drammatizzato nella ricostruzione. Quasi un atto d’accusa: «La bambina - prosegue a verbale la donna - si è voltata verso di me irrigidendosi, e alla mia domanda se li conoscesse, la stessa, con forza negava, dicendo di non voler parlare. La cosa mi ha insospettito perché io non frequento la chiesa e non conosco quella persona».
Sospetti, accuse nemmeno troppo velate lanciate sulla base di nulla. La bambina nega di conoscere il prete, la mamma conferma di non conoscerlo.

Cosa c’è che non torna? Eppure la donna memorizza quel gesto affettuoso. E in un’inchiesta dove saltano fuori spesso «uomini neri» anche come colore della pelle, il prete, suo malgrado, finisce agli atti.
gianmarco.chiocci@ilgiornale.it
massimo.malpica@ilgiornale.it

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