Operatori del 113 come «angeli custodi» pronti ad ascoltare, consigliare, consolare. Spesso a parlare con aspiranti suicidi, cercando di farli desistere o quanto meno di distrarli per consentire ai colleghi delle volanti di acciuffarli per i capelli. Come laltro giorno, quando gli agenti della centrale operativa nel giro di una mezzora si sono ritrovati con due casi simili. Entrambi per fortuna conclusi con un salvataggio in extremis.
La prima chiamata arriva alle 14, è la signora Mafalda, 58 anni, disperata e piangente: «Sono sola, stanca della vita, adesso prendo tutti i farmaci di casa, ci bevo sopra anche della candeggina e la faccio finita». Paziente loperatore cerca di tranquillizzarla, riuscendo ogni volta a trattenerla mentre lei dice «Basta, adesso mi ammazzo», mentre un equipaggio vola a casa sua in via De Pretis. È una corsa contro il tempo, poi a un certo punto Mafalda dice allagente che stanno bussando alla porta. Sono i colleghi, ma il poliziotto mente spudoratamente: «È il dottore», e convince la donna ad aprire. Così gli «angeli custodi» riescono a entrare, trovando farmaci e candeggina sul tavolo e la finestra spalancata sul vuoto. La donna soffre di depressione, è in evidente stato confusionale. Unambulanza la porta al San Paolo.
Più complesso invece lintervento aperto una mezzoretta più tardi. Questa volta a chiamare è una signora milanese. Racconta che sul suo cellulare sono arrivati alcuni «messaggini» dal contenuto inequivocabile: il mittente vuole togliersi la vita. Ma lei non sa chi sia, quel numero non lha mai visto e non gli dice nulla. Un rapido controllo consente di verificare che a quel cellullare corrisponde una persona residente a Sesto San Giovanni. Neppure il tempo di approfondire gli accertamenti che la signora richiama. È riuscita a mettersi in contatto con quel numero, scoprendo che si tratta dellex-fidanzato di una sua nipote, ha 31 e attualmente abita non più a Sesto ma ad Agnadello in provincia di Cremona. Ma soprattutto che avrebbe già ingerito sostanze non meglio precisate.
La questione a questo punto non è più «affare» di poliziotti ma di medici, quindi lallarme viene girato alla centrale operativa del 118 di Niguarda affinché allertino le strutture sanitarie più vicine. Alle 16 finalmente giunge il tanto sospirato «cessato allarme».
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