Il sostantivo deputato

Sembra strano ma ogni volta occorre ribadire alcuni punti fermi. Le lunghe consuetudini non sono senza fondamento, eppure ritorna ciclicamente la proposta addirittura di legge per fortificare l’improvvido e infausto intendimento del Presidente della Camera di abolire il termine «onorevole». Tentò e fallì, con altrettanta burbanzosa spavalderia giacobina, l’imbronciata Irene Pivetti in tempi di pregiudizio moralistico contro la politica. Ritorna ora il più politico di tutti per tradizione e cultura, con uno strano rigurgito moralistico, Fausto Bertinotti. Egli dichiara e già conferisce al termine una patina che imporrebbe reverenza e rispetto pensando alla tradizione risorgimentale e poi unitaria: «È giusto che coloro che abitano la Camera dei deputati, vengano chiamati con il nome con cui si definisce questo luogo. Aggiungo poi che se vogliamo essere pignoli, non c'è nessuna disposizione regolamentare che fissa il termine di onorevole». «È una consuetudine cominciata per caso in Italia nel 1848 e molte volte discussa. Onorevole secondo me è un'attribuzione che non va generalizzata. In Inghilterra si usa sia il termine di onorevole che quello di mister». «In Italia c'è un termine così bello: deputato o deputata che è il termine con il quale viene definito questo luogo, la Camera dei deputati appunto. Quindi mi pare possibile rivolgersi in questo modo nei confronti dei parlamentari. Ma siccome non sono certo per gli strumenti autoritari se qualcuno, invece, vuol continuare a farsi chiamare onorevole, lo faccia pure».
È da questo fiato «bertinottiano» che deriva la proposta di legge dei deputati della Lega Nord, Paolo Grimoldi e Gino Capotosti dei Popolari-Udeur, desiderosi di farsi titolari di un’ulteriore impresa inutile. Occorrerà dir loro, dunque, e a Bertinotti, che la politica è una cosa, la grammatica è un’altra. La politica non può prevalere sulla grammatica. E neanche la morale. Bertinotti sbaglia, perché interpreta la parola «onorevole» come una cerimoniosa espressione di autocompiacimento, fermandosi sulla soglia del significato etimologico. Si tratta, invece, di un riuscito caso di «aggettivo sostantivato», con una interna esortazione augurale che si concilia con il vocativo. Da «è onorevole, è degno di onore, chi difende i più deboli» deriva «Onorevole, faccia sentire la sua voce!». Una naturale esortazione. In tal senso, diventa sostantivo.
Nel caso dell’elezione popolare, di persona ritenuta ragguardevole, e per questo eletta (come dovrebbe essere), distingue il rappresentante della Camera dei deputati dal Senatore. Senatore è sostantivo derivato dal luogo, il Senato, da cui discende con naturalezza l’appellativo, nell’esortazione e nell’incitamento: «Senatore, faccia sentire la sua voce!». Deputato (da cui «Camera dei») è participio passato, non diversamente (anche se passato) da «rappresentante» (participio presente). Ammesso che la Camera fosse dei rappresentanti del popolo, Bertinotti direbbe «Rappresentante, ha la parola!»? L’aggettivo sostantivato «onorevole» diventa sostantivo, di immediata evidenza, recando anche la memoria dell’aggettivo; il participio «deputato» porta con sé il verbo. Non riesce a sbarazzarsi della coniugazione. Il participio «deputati» non ha la forza grammaticale di sostenere il vocativo; è la semplice coniugazione di un verbo che identifica una categoria senza alcun carattere distintivo (in senso etico, politico, civile), ma soltanto in senso pratico. Chiunque è deputato a fare o rappresentare qualcosa, e non soltanto chi è eletto in Parlamento, costituendo in quel caso la Camera dei deputati a rappresentare gli elettori. Una semplice funzione politica. Deputati a. Così come il fornaio è deputato a fare il pane, il notaio è deputato a fare gli atti notarili, lo scrittore è deputato a scrivere, il barbiere a fare barba e capelli. E infiniti altri deputati a infinite altre cose. Così deputati sono tutti e nessuno. Senatore è soltanto chi sta al Senato; e per la consuetudine che risale al 1848, come osserva lo stesso Bertinotti, onorevole è chi sta alla Camera dei deputati. Una felice e rispettosa distinzione. Così lo riconosci. L’onorevole sta in Parlamento; il deputato può essere deputato a tutto.
Infatti, l’onorevole Bertinotti è stato deputato a fare il Presidente della Camera dei deputati. Dovendo perseverare nel tentativo (inutile) di abolire l’aggettivo sostantivato «onorevole», perché troppo cerimonioso all’apparenza (ma è la sua grazia, anche comica), suggerirei a Bertinotti,il termine più specifico «parlamentare». Eviterebbe così, lui Fausto, di farsi maturo seguace dell’acerba Pivetti, che già ebbe l’in-fausta idea. Onorevole è buono, giusto e gentile. Parlamentare è un po’ rigido, preciso, e specifico. Deputato è insipido, indistinto ed inefficace. E non ha quasi 160 anni di patina e chiuso. La lingua dell’uso è anche la lingua popolare. E la grammatica ne tiene conto. Gli elettori di Bertinotti, rivolgendogli domande, richieste o saluti, possono chiamarlo compagno, o onorevole. Mai deputato.

La lingua non registra la consuetudine. Le tradizioni meritano rispetto. E soprattutto quando sono tradizioni orali, non scritte, apparentemente più fragili, sostanzialmente più resistenti. Onorevole Bertinotti, si rassegni: resti tale.

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