La musica, declinata con sensibilità femminile, è una vocazione naturale per Paola Turci. Un quarto di secolo di carriera per quattordici album e ben nove partecipazioni al Festival di Sanremo, con annessi tre premi della critica (il miglior risultato fu un quarto posto con il brano «Solo come me» nell'edizione del 1998), sono i numeri dell'ospite di questa sera del Blue Note di via Borsieri 37 (ore 21, ingresso 30/25 euro, info: 02-69016888, www,bluenotemilano.com). Artista intelligente e volitiva, ideale trait d'union tra la generazione di Gianna Nannini e quella dell'amica Carmen Consoli, la cantautrice, classe 1964, con il passare degli anni si è dimostrata sempre più matura e consapevole di poter fare da sola. Dalla sua, poi, la propensione per una scrittura che ha sempre privilegiato testi complessi, profondi e intensi. Capaci di affrontare con delicatezza, ma senza reticenze, argomenti forti quali l'abbandono (inteso come spazio di libertà e autonomia, ma anche come dolore del distacco), la pedofilia e la morte. O, ancora, temi sociali piuttosto che fatti di cronaca più o meno recenti, legati tra loro dall'intolleranza. Romana de Roma (nonché tifosissima della Lazio), ma da qualche anno di base all'ombra della Madonnina, quest'autrice fuori dal coro, che abbina dolcezza e grinta rock, si è messa in testa di realizzare un'impresa in apparenza folle in tempi di crisi irreversibile della discografia e di downloading selvaggio: dare alle stampe tre cd nel giro di un anno e mezzo. Una vera e propria trilogia, dunque. Obiettivo: dedicarsi alle donne e al loro mondo, entrare nell'anima di persone struggenti e passionali e, perché no, parlare d'amore. Argomento che, per quanto strano possa apparire, è stato sin qui marginale nel songwrinting della Turci. Risale a qualche mese fa il primo capitolo, il raffinato Attraversami il cuore, l'album scritto con Francesco Bianconi dei Baustelle e che contiene, tra le altre cose, la rivisitazione di «Dio come ti amo», classico lanciato da Gigliola Cinguetti in coppia con Modugno al Festival di Sanremo del 1966 e arricchito nello specifico dal flicorno di Paolo Fresu. Dopodichè, è di qualche giorno fa l'uscita del disco Giorni di rose, un titolo che è già di per sé una dichiarazione d'intenti. Entro la fine dell'anno, poi, sarà la volta di Mondo che vorrei.
In occasione di Giorni di rose, composto di getto nel 2009 dopo la pubblicazione di Con te accanto, il suo primo romanzo scritto a quattro mani con la giornalista Eugenia Romanelli e presentato stasera in anteprima nel tempo del jazz milanese, Paola Turci si è trasformata in interprete. Canta infatti sette canzoni inedite scritte apposta per lei da Carmen Consoli, Nada, Ginevra Di Marco, Marina Rei, Grazia Verasani, Naïf Hérin e Chiara Civello. Ciliegina sulla torta, un duetto con Fiorella Mannoia.
Dietro Giorni di rose - ha spiegato la diretta interessata - l'intento «di disegnare una nuova primavera musicale». «È una sottile linea rosa in cui le canzoni si riflettono con leggerezza e delicatezza. La cosa bella è che le donne sono in grado di mantenere questo atteggiamento anche quando affrontano temi struggenti», ha puntualizzato la Turci. Che ha svelato un retroscena legato alla collaborazione con l'amica Mannoia: «Avevo chiesto a Fiorella di scrivere una canzone per me.
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