M uscolosi Ulisse alti più o meno due metri fanno il loro girotondo davanti all'isola del basket con un occhio solo, sono l'esercito senza divisa di uno sport che per sopravvivere, da sempre, si affida a marche sempre nuove sulle maglie, adesso addirittura nomi diversi per coppa e campionato, di un movimento che ha semplificato il suo rapporto con i giocatori: quasi tutti si chiamano Nessuno. Così non te li scordi, non fai fatica a memorizzarne facce e tatuaggi, ogni partita cerchi quello a cui ti eri affezionato e scopri che lo hanno mandato da un'altra parte.
Malattia del nuovo secolo che vale per molti: i giocatori legati per una carriera alla stessa maglia non li trovi più. Eppure qualcosa si muove se si registra un lieve aumento degli spettatori per un basket che si è rimesso a litigare con Milano calata di nuovo sotto le 4.000 (3.624) presenze a partita, scavalcata persino da Varese che pure è ultima in classifica, in ritardo grave sulla Virtus Bologna (6.923 e record d'incasso per la partita contro Siena) che oggi si chiama La Fortezza ed è stata la prima a risparmiare sui nomi da leggere dietro la maglia dopo aver capito che la porta girevole fa entrare ed uscire gente quasi ogni settimana.
Proprio la Virtus, nel pieno della battaglia per avere giocatori italiani sul campo, ha deciso che l'azzurro Michelori gli serve soltanto per una coppa europea mai onorata, mentre tiene libero il posto per un mister ics chiamato Nessuno quando scoprirà se le serve ancora un aiutino per entrare nei play off che ora appaiono lontani.
Mancanza di una identità delle squadre per cui vai a tifare ed è questo che la gente ti dice spiegando perché rinuncia volentieri al basket del campionato, anche se le cifre dicono che non è così da tutte le parti.
Un giorno di gare studentesche di febbraio al campo XXV Aprile, sul campo la figlia di Renzo Bariviera, che prova con l'atletica. Vecchi tifosi dell'Olimpia circondano Barabba e raccontano la loro frustrazione, l'amarezza nel vedere una società fra le più amate andare alla deriva. Non gli basta neppure la nuova luce di Danilo Gallinari perché tutti sono già rassegnati: se progredirà ancora andrà nella Nba, se la società non ritroverà la sua forza lo venderanno al miglior offerente in Europa.
Da stare male e la stessa Bologna, città del basket, non riconosce più le sue squadre.
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