Nata all’interno dei primi collettivi femministi italiani tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio dei Settanta (del secolo scorso...), l’autocoscienza femminista è una pratica politica che, secondo definizione da manuale, consiste nel mettere in discussione se stesse e il contesto socio-culturale in cui si vive attraverso la relazione autentica e dialogica con altre donne: è «un processo collettivo e individuale, che parte da ognuna, si esplica nel collettivo con il sostegno di tutte e torna all’“individua”».
Reperto archeologico dell’età dei gonnelloni a fiori e degli zoccoli olandesi, l’autocoscienza femminista, sbocciata nel quadro generale dei movimenti antiautoritari, rifiorisce oggi, annaffiata da uno dei migliori fertilizzanti sociali disponibili sul mercato dei prodotti intellettuali di Difesa Democratica: l’antiberlusconismo metodologico.
Ieri, il Corriere della Sera, quotidiano notoriamente all’avanguardia nel campo delle quote rosa dirigenziali - come dimostra l’altissimo numero di «individue » sedute nella storia passata e recente dell’azienda sulla poltrona di direttore, condirettore e vicedirettore - ha pubblicato in uno schiacciatissimo fogliettone di pagina 9 , con una discrezione grafica che combacia con l’assoluta indifferenza della direzione, una vibrata lettera di protesta di un gruppo di giornalisti interni contro un articolo di Piero Ostellino uscito due giorni prima, per dire i tempi di gestazione dell’indignazione.
Nel pezzo, intitolato «L’immagine dell’Italia e la dignità delle istituzioni» e peraltro nascosto nella sezione dei Commenti, senza richiamo in prima pagina, Ostellino si chiedeva che fine avesse fatto la libertà individuale in un Paese in cui un disinvolto concetto della riservatezza unito all’assoluto disprezzo per «le vite degli altri» sbatte sui giornali volti, nomi e conversazioni private di giovani donne, dileggiate e oltraggiate a mezzo stampa (strumentalmente a un attacco politico, aggiungiamo noi). Una semplice opinione, quella di Ostellino. Come tantissimealtre che ogni giorno appaiono sul quotidiano di via Solferino, forse solo un po’ più intelligente. Ma che questa volta si è meritata una lettera aperta di dissenso, nella quale - lasciando dietro di sé un acre sentore di opportunità politica e malinteso senso del sessismo- i firmatari invocano, ore rotundo , il rispetto per il corpo della donna, rivendicano l’esistenza di altri modi per «l’affermazione di sé» e fanno notare che «il mondo è pieno di persone che s’impegnano per raggiungere risultati e far carriera conservando la propria dignità». Segue un rimando al sito del Corriere dove è pubblicata la lista dei 52 giornalisti firmatari e alcuni - non tutti - commenti dei lettori, di cui sfugge il criterio di selezione essendo per la gran parte contrari a Ostellino.
Per la cronaca, tra i 52 estensori del Manifesto di Rivolta Femminile, che sul sito però diventano 50, si contano 20 uomini e 30 pasionarie . Ai quali- Cetto La Qualunque del moralismo peloso che contestano un semplicissimo principio liberale due pagine dopo una redditizia pubblicità di intimo femminile con gigantesco lato B in quadricromia - risponde brevemente, tagliando di netto la questione, lo stesso Piero Ostellino.
Dal banco del Tribunale del Popolo sul quale è stato trascinato, l’ex direttore fa notare ai membri del Soviet di via Solferino che confondono un giudizio di fatto, cioè che nella storia le donne siano state sempre consapevoli di stare sedute sulla propria fortuna e alcune l’abbiano volentieri «condivisa», con uno di valore, e cioè che sarebbe giusto sia così: «Io ho solo scritto che una donna dovrebbe essere libera di usare il proprio corpo come crede- “ l’utero è mio e me lo gestisco io”, l’antica e legittima rivendicazione femminista della quale ora ci si scorda perché a esserne partecipe è il Caimanorispondendone solo alla propria coscienza, senza per questo essere marchiata come una puttana. Il mio era un principio liberale; non un invito a darla».
Togliendo in questo modo ai 50 firmatari, femministe fuori tempo massimo e maschilisti a corrente politica alternata, ogni possibilità di controbattere. E lasciando il dubbio, a noi, che dopo essersi assicurate, quarant’anni fa, la gestione dell’utero, le femministe adesso pretendano la fica etica. Il che, francamente, ci sembra troppo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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