Il sovrintendente: «Giusto, non sarebbe una vessazione»

Obolo o non obolo, questo è il problema. «Ed è un problema su cui si dibatte da tempo» esordisce Alberto Artioli, Sovrintendente ai beni architettonici milanesi. «Non credo che si tratti di pronunciare un secco sì o un no moralista - continua - ma di mettersi semplicemente una mano sulla coscienza. Un biglietto d’entrata in Duomo non deve essere letto come una tassa o una vessazione sul cittadino ma come un aiuto».
E’ una questione aperta in molti luoghi d’Italia, anche nella Certosa di Pavia, di proprietà dello Stato, dove si sta pensando di far versare un’entrata. «Si tratta di una necessità per mantenere nel loro stato di salute questi preziosi monumenti. Di fronte all’argomento «biglietto» sono sempre positivo. Logicamente mantengo dei dubbi, ma so anche cosa siano costretti a fare i piccoli parroci di chiesette storiche per salvaguardare i loro beni. Sono beni, ecclesiastici d’accordo, ma vengono messi a disposizione di tutti sia per esercitare la fede, ma anche per fruire di opere d’arte di forte attrazione».
Artioli si pone anche un dubbio ulteriore: è giusto lasciar da parte il fedele nel versamento di una piccola somma e inveire così sul povero turista, che quando approda in una città d’arte è già tartassato da ulteriori spese in musei o gallerie? «Si potrebbe pensare di istituire un pacchetto museale, in cui è inserita anche una parte dedicata al Duomo, affinché ci sia un occhio di riguardo anche per coloro che vengono da fuori».

E questo è un parere, sottolinea il Sovrintendente, che viene non dal ruolo che ricopre, ma dalla sua «coscienza» di cittadino appunto.
«So che un tempo lo Stato dava una certa cifra alla nostra Cattedrale, ma poi è stata tolta. Quindi è necessario provvedere in altro modo». Quindi: benvenga il biglietto.

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