Francesco Gambaro
Avevano chiesto a gran voce l'intervento della Sovrintendenza per salvare l'uliveto millenario di Quarto dalle due palazzine (con venti alloggi e altrettanti box) previste nel progetto del gruppo Fossati. Ieri, ai cittadini di via Antica Romana della Castagna, via Scala e via Ribaldone, è arrivata la lieta novella: l'uliveto murato, che ancora oggi si trova presso il quarto miglio della via Romana, sarà vincolato dalla Sovrintendenza ai beni ambientali e monumentali della Liguria, come testimonianza di architettura storico - rurale e di interesse etno - antropologico. L'uliveto millenario rientra, infatti, nel piano di valorizzazione globale delle aree verdi storiche, che Regione e Comune stanno elaborando di concerto con gli uffici della Sovrintendenza. Dopo il secondo «no» del parlamentino al progetto edilizio, arrivato un mese fa, il comitato spontaneo sorto a difesa dello storico manufatto, ora segna un altro punto importante. Proprio mentre Tiziano Mannoni, presidente dell'istituto internazionale degli studi liguri, ieri ha speso altre parole «pesanti» a favore dell'uliveto di Quarto.
L'occasione era offerta dalla giornata nazionale dell'Archeologia Ritrovata, celebrata anche a Genova con una conferenza aperta sulla storia e la valorizzazione dell'ultimo oliveto murato della nostra città. Con Mannoni sono intervenuti Simonetta Peccenini, presidente sezione Liguria della società botanica italiana, Diego Moreno, professore di geografia storica del Dismec e i responsabili dell'associazione Finisterre, che sta organizzando una petizione on - line per salvare l'uliveto dall'assalto delle ruspe. «Si tratta di un reperto unico - esordisce Mannoni - che ci consente di tornare in un tempo che esiste ormai solo nei racconti di qualche libro». Nell'uliveto murato è sopravvissutto tutto: l'intero recinto con il cancello d'ingresso funzionante, le piante ben tenute, gli spazi coltivati ripuliti dalle specie infestanti, l'antico rio con il suo ponticello e i tre pozzi rivestiti di pietra per l'irrigazione. Per il professore di storia della cultura materiale, ci troviamo di fronte a «un organismo ancora vivo, non ridotto al solo scheletro formale, perché c'è un cervello che lo guida e un cuore che lo alimenta». Il cervello e il cuore della famiglia di contadini Orecchia, che ancora oggi lavorano questa terra, dopo secoli di possesso. «In Giappone - azzarda Mannoni - persone come loro sarebbero vincolate, essendo le uniche in grado di curare un orto chiuso a cultura mista, proprio come succedeva una volta». L'uliveto millenario è coltivato ancora secondo una tradizione secolare in un contesto storicamente importane. Come testimoniano i resti di edifici medievali, a partire dai ruderi del complesso fortificato di Castel Perasso, che sono stati parzialmente inglobati nelle mura di cinta dell'uliveto.
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