S&P declassa l'Italia Ma Napolitano rassicura: "Paese e società vitali"

Una decisione più politica che economica. Fmi: "L'Italia non raggiungerà il pareggio di bilancio". Ma la Ue smentisce. La Marcegaglia: "Siamo lo zimbello internazionale". Napolitano: "I dati non ci rimpiccioliscono"

S&P declassa l'Italia 
Ma Napolitano rassicura: 
"Paese e società vitali"

New York - La scure di Standard and Poor's e le analisi del Fondo monetario italiano (smentita dalla Ue) si abbattono sull’Italia. Mentre tutti gli occhi erano infatti puntati su Moody’s, che giorni fa ha rinviato la sua decisione sul nostro paese, S&P ha deciso a sorpresa di tagliare il rating sulla capacità dello Stato di far fronte all’elevatissimo debito pubblico. I motivi? Una crescita economica sempre più debole e una situazione di incertezza politica che ostacola la ripresa. Incertezza che, a detta degli analisti di Standard and Poor's, rende molto difficile raggiungere gli obiettivi fissati nel programma di austerity. "E' un giudizio politico - ha tuonato Berlusconi - abbiamo varato misure efficaci". Nel frattempo, anche dai tecnici dell'Fmi arriva un giudizio pesante. C'è infatti, il timore che l'Italia non riesca a raggiungere il pareggio di bilancio entro il 2013.

Prova invece ad abbassare i toni Giorgio Napolitano: "I dati non rimpiccioliscono il Paese. Siamo una grande economia ed una società vitale, ma tutto questo deve essere messo a frutto attraverso scelte politiche appropriate e il più possibile condivise". 

Il rating di lungo termine viene abbassato da A+ ad A, ma con outlook negativo. In futuro il rating italiano potrà, infatti, essere tagliato ancora, anche perché le previsioni per il debito sono decisamente peggiorate. "Il picco - spiegano gli analisti dell’agenzia - è atteso più in là nel tempo e raggiungerà un livello ancor più elevato del previsto". Insomma, secondo Standard and Poor's, "la fragilità della coalizione di governo in Italia limita la capacità di risposta dello Stato" nell’affrontare una crisi economica e finanziaria che sta colpendo il nostro Paese come altri dell’Eurozona. E i vari tentativi che hanno caratterizzato la messa a punto da parte del governo guidato dal premier Silvio Berlusconi della manovra "lacrime e sangue" da 60 miliardi di euro lasciano intravedere come non sarà per nulla facile attuare in maniera efficace il programma di consolidamento di bilancio. Anche perché, evidenzia Standard & Poor’s, le autorità italiane appaiono "riluttanti" nell’affrontare quelle che vengono considerate le "questioni chiave" della crisi economica italiana: dagli ostacoli strutturali che da sempre rallentano la crescita al basso tasso di partecipazione al lavoro, alla eccessiva rigidità sia del mercato del lavoro sia di quello dei servizi.

L'agenzia di rating non solo attacca il governo e la coalizione di maggioranza, ma punta anche il dito sulle divisioni all’interno del Parlamento che, sottolinea S&P, "continueranno a limitare la capacità del governo di rispondere in maniera decisa alle sfide macroeconomiche interne ed esterne". Da qui la decisione di dare pure un outlook negativo, con la possibilità di abbassare ulteriormente il rating dell’Italia nelle settimane a venire. In realtà la decisione, a fronte delle motivazioni presentate dall'agenzia di rating, ha più un sapore politico che carattere economico. "Il governo ha sempre ottenuto la fiducia dal Parlamento, dimostrando così la solidità della propria maggioranza - ha commentato Berlusconi - le valutazioni di Standard & Poor's sembrano dettate più dai retroscena dei quotidiani che dalla realtà delle cose e appaiono viziate da considerazioni politiche". Il premier ha poi voluto ricordare che "l'Italia ha varato interventi che puntano al pareggio di bilancio nel 2013" e che "il governo sta predisponendo misure a favore della crescita, i cui frutti si vedranno nel breve-medio periodo". Misure che sono state approvate anche dall'Unione europea. Stride, dunque, il fatto che, in tarda mattinata, Standard & Poor's abbia voluto confermare che i rating sovrani dell'agenzia sono "valutazioni apolitiche e prospettiche del rischio di credito fornite agli investitori".

E poi la minaccia: l’Italia corre un "rischio ragionevole" di un nuovo taglio del rating nei prossimi 12-18 mesi se non tornerà a crescere su ritmi più sostenuti, ha precisato l’analista di Standard & Poor’s Mertiz Kraemer. Non solo. L'Fmi fa sapere che "l'Italia, malgrado la maxi-manovra da 54 miliardi appena varata dal governo, non ce la farà a raggiungere il pareggio di bilancio nel 2013". Nel Fiscal Monitor, appena pubblicato, l'Fmi stima che il disavanzo rispetto al pil scenderà dal 4% previsto per quest'anno, al 2,4% nel 2012 all'1,1% nel 2013. Cifre che non cancellano il giudizio sostanzialmente positivo dell’istituzione di Washington che sottolinea come tale risultato finale costituirebbe comunque il secondo deficit più basso tra i paesi del G7.

Di parere diverso l'Unione europea: secondo il portavoce del Commissario agli Affari economici Olli Rehn, l'Italia centrerà i suoi obiettivi nel 2013 grazie alla manovra appena approvata.

Nonostante questo Rehn sottolinea come quello si S&P sia un giudizio "molto severo", per cui il Paese "deve guardare al futuro, intervenire sulle debolezze strutturali e rilanciare il potenziale di crescita". Ed è soprattutto importante "che vada avanti con le riforme, che crei posti di lavoro e che spiani la strada ad una crescita sostenibile".

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