Clandestino, pregiudicato per spaccio, catturato di nuovo in flagrante mentre vende cocaina sui Navigli: chiede di patteggiare la pena e se la cava con otto mesi di carcere. Allindomani della proposta-choc del sindaco Moratti per combattere lo spaccio di droga vietando agli imputati di patteggiare la pena, un viaggio nelle aule del tribunale dove si celebrano i processi per direttissima. E dove il patteggiamento delle condanne per droga è prassi costante.
È grazie al patteggiamento che spacciatori arrestati da polizia e carabinieri e individuati senza ombra di dubbio riescono a limitare i danni, riducendo di un terzo la pena che viene loro inflitta, e ottenendo spesso la sospensione condizionale. Sullaltro piatto della bilancia, per la giustizia cè la possibilità di snellire i processi, sbrigando in pochi minuti vicende che altrimenti si trascinerebbero per anni. Ma spesso accade che, nel mettersi daccordo tra di loro, accusa e difesa si mostrino troppo indulgenti: ogni anno tra i duecento e i trecento patteggiamenti vengono respinti dai giudici perché la pena concordata è troppo leggera.
A monte, cè la ampia discrezionalità che la legge sulla droga concede ai magistrati nel quantificare la pena da infliggere.
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