Spaccio e degrado, quartiere sott’assedio

Per le statistiche è la zona «multietnica» per eccellenza. Tradotto, un residente su cinque in via Padova è straniero. Qui l’integrazione s’è rivelata un processo complicato, una promessa, o più spesso una minaccia. Restano sull’asfalto quattro chilometri e passa di problemi. Il campionario è assortito, del resto l’insicurezza ha colori diversi. Tipo il verde che non c’è, e quando c’è, è chiuso per paura. Come nel caso del parco Trotter, aperto ormai solo quando i bimbi sono usciti tutti dalle scuole, «per evitare incontri ravvicinati con tipi pericolosi: spacciatori e pedofili», giurano le mamme, molto preoccupate. Intanto la droga continua a passare per le mani marocchini e pakistane. E poi c’è la questione, sempre esplosiva, dei luoghi di culto islamici. Da mesi si parla di un maga-tempio da 3mila metri quadrati e tanto di minareto, da costruire al civico 366. Un centinaio di saracinesche prima, al numero 38, nel novembre scorso gli investigatori dell’antiterrorismo individuarono alcuni potenziali kamikaze votati alla Jihad, «la guerra santa contro l’Occidente cristiano e infedele», tra gli abituali frequentatori della Casa della Cultura islamica. Oltre duemila firme raccolte dal consiglio di zona per scandire un «no» forte e chiaro alla nuova moschea. Ma è solo uno dei problemi, appunto, di via Padova. Periferia di frontiera, dopo le otto il coprifuoco.

Vedere alla voce prostituzione e viados, un campo nomadi nei paraggi, abusivi nei negozi e nelle case. A proposito, da queste parti c’è voglia di vendere, poca di comprare: e il mattone ha già perso il 30 per cento del valore.

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