Chissà che mal di testa è venuto a Matteo Contini, ex difensore del Napoli passato in estate al Saragozza. Scappato dall’Italia per evitare nuovi vis-à-vis con i vari Kakà e Ibrahimovic, non solo se li è ritrovati davanti pure in terra iberica, ma ha dovuto aggiungere alla lista nera dei nemici anche il nome di Leo Messi.
Domenica sera la «Pulce» ha scherzato il difensore italiano, l’ha dribblato e ri-dribblato lasciandolo frastornato con il sedere per terra nell’azione del 2-0; l’ha aggirato con identica facilità al novantesimo costringendolo ad azzopparlo nel cuore dell’area: rigore di Ibra, quattro a due finale, Real Madrid riacciuffatto in vetta a tre giornate dal Clasico, la sfida delle sfide.
E ora in Spagna è tutto un luccichio per i numeri della Pulce: 25 gol in campionato, solo Rooney sta facendo meglio di lui con 26 reti in Premier League, 34 reti stagionali (primo in Europa), 8 sigilli in una sola settimana, 18 gol in 15 partite nel 2010, 11 soltanto negli ultimi 5 incontri, quinta tripletta nella sua carriera, seconda consecutiva nella Liga dopo le tre reti di otto giorni fa al Valencia. Numeri che raccontano alla perfezione il magic moment dell’argentino, numeri ai quali il Mundo Deportivo prova ad affiancare a tutta pagina una formuletta semplice semplice: «Maradona+Ronaldo=Messi». È proprio così? In Spagna ne sono quasi certi: «Messi Brutal» titolava ieri il Mundo Deportivo, ricordando come nella partita contro il Saragozza si è visto il «Leo più maradoniano» degli ultimi tempi, capace di esibire il terzo «hat trick» della stagione. «Alta velocità argentina» è invece il titolo scelto per definire le prodezze del «genio della lampada» da La Vanguardia, che apre con una foto dal titolo «Messi, di tre in tre». Anche la stampa madrilena riconosce, con minori dimensioni rispetto alle prime pagine dei quotidiani della Catalogna, che «Messi è di un altro mondo» (titolo di As) e ricorda che «Supermessi segna 8 gol in una settimana».
«Brutale», «Genio della lampada», «Super», «Di un altro mondo»: se i quotidiani iberici devono arrovellarsi ogni fine settimana per trovare uno slogan da affiancare alle imprese della Pulce, le continue prestazioni dell’argentino hanno già da tempo lasciato senza nuovi aggettivi Pep Guardiola. «Date voi un aggettivo a Leo - ha chiesto l’allenatore del club ai giornalisti in conferenza stampa -: a me sono finiti». Eppure c’è chi parla anche di una pericolosa «Messidependencia», una dipendenza totale dei blaugrana alle invenzioni del numero 10. Secondo un sondaggio del Mundo Deportivo, un tifoso su due la pensa così; Guardiola, invece, si coccola il suo campione e nello stesso tempo tiene lontane le malelingue: «Messi non potrebbe giocare da solo e la cosa meravigliosa è che lui lo sa bene - spiega il tecnico -. Con lui siamo una squadra migliore, ma potremmo vincere anche senza l’argentino».
Uno per tutti, tutti per uno. Sembra essere così anche negli spogliatoi del Nou Camp: il Barcellona gioca per Messi, Messi gioca per il Barcellona. Ed è stato così anche domenica, quando la Pulce ha «concesso» a Ibrahimovic - fino a quel momento irriconoscibile - di calciare il penalty del 4-2 finale.
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