«La Spagna di Zapatero è un eterno carnevale»

nostro inviato a Madrid

«Visto? Cosa le avevo detto? La Spagna affonderà dentro questa crisi». La profezia di Aznar si è avverata, allora era il 2008 e sembrava già il peggio. La paura arrivava dall’America, dalle banche senza etica, dai banchieri senza scrupoli. Oggi l’angoscia resta, ma il pericolo viene dai confini dell’Impero. Gli anelli deboli di questa Europa in avaria sono la Grecia e la Spagna. Aznar guarda fuori. Madrid è impantanata e aspetta di risorgere. E spera di svegliarsi da un brutto sogno. I conti non tornano: del boom edilizio non è rimasto nulla, le gru sono ferme, i lavoratori a casa, palazzine intere sulla costa che aspettano ancora acquirenti stranieri, ogni due giorni ci sono oltre mille disoccupati in più. Perfino Almodóvar, il regista tanto amato da Zapatero, non azzecca più un film: Los Abrazos rotos non convince la critica, il pubblico ha preferito Gran Torino, un film americano. La grande sbornia è passata, dell’euforia è rimasta la paura per il futuro. Il dopo adesso spaventa. Nel frattempo la Spagna è diventata la terra della «gaytudine», il paradiso delle coppie di fatto, la frontiera delle lesbo mamme, l’ossessione laicista ripetuta all’infinito, come una cantilena, come un rito scaramantico. Ma basta questo per allontanare i problemi di uno Stato in crisi? Aznar sorride, scuote la testa e dice: «Ci siamo illusi di vivere in un eterno carnevale, ora arriva la quaresima».
Il miracolo economico spagnolo era solo un’illusione?
«È stata una realtà. Nessuna illusione. Il miracolo è esistito davvero, come conseguenza di un lavoro trasformato in successo».
C’è il rischio di un contagio europeo che parte dalla Grecia e arriva nel resto dell’Europa?
«Il rischio di una contaminazione è sempre presente. È evidente che la Spagna non è la Grecia, ma è altrettanto chiaro che siamo in difficoltà. In seria difficoltà. Il problema è che esiste la tentazione di aumentare il deficit e questo produce tensione nella zona euro».
Le ricette liberiste della destra hanno fallito?
«No, chi ha fallito sono i supervisori».
Come vede il futuro della Spagna?
«Quella realtà può essere recuperata. Credo che il mio Paese abbia ancora le carte in regola per farcela. La Spagna può tornare a volare, ma prima servono riforme profonde che il governo sta ostinatamente evitando di applicare».
Dove ha fallito il modello Zapatero?
«Io credo che la politica di questo governo punti solo a guadagnare tempo. Zapatero aspetta, è convinto che prima o poi la tempesta passerà».
Un temporeggiatore o un laicista che si affida alla provvidenza?
«Un pugile alle corde. Aspetta il gong. Zapatero ha sbagliato molte cose».
E come è finito alle corde?
«L’errore principale è stato fermare quelle riforme economiche che avevano reso la Spagna il paese più dinamico dell’Europa. Poi ha messo la testa sotto la sabbia. Nel 2004 ha negato la crisi che ha investito la nostra economia come una febbre malarica».
Cura sbagliata?
«Suicida. Ha incrementato la spesa e i debiti. Ora sono gli spagnoli a pagare tutto questo. Il prezzo è la disoccupazione a livelli altissimi. Chi paga di più sono i giovani che hanno perso ogni garanzia e vedono il futuro con occhi disillusi».
Il governo di Zapatero ha alzato l’età pensionabile da 65 a 67 anni. È un inizio di riforma.
«Non è con una singola riforma che si combatte la crisi. La Spagna, come gli altri Paesi dell’Europa, ha bisogno oggi più che mai di aumentare la propria competitività. È per questo che serve un sistema completo di riforme profonde che renda la Spagna flessibile e competitiva».
Mancano ancora due anni alle elezioni. Il governo finirà la legislatura?
«Zapatero non ha alcuna intenzione di abbreviare il mandato perché rischia di perdere le elezioni. Ma se non cambia il governo resteremo impantanati nella crisi».
Chi sarà il candidato del partito popolare alle prossime elezioni?
«Mariano Rajoy. E vincerà».
Aznar, lei non ha pensato di ricandidarsi?
«A marzo festeggio vent’anni da quando mi nominarono presidente del Partido popular, ma per il momento mi tengo alla larga dalle elezioni».
Eppure Zapatero ha vinto due volte le elezioni. Perché la Spagna lo ama così tanto?
«Per paura. È una questione psicologica. Zapatero ha promesso il “pieno impiego”. E invece è arrivata la piena disoccupazione. Oggi la Spagna si ritrova con 4 milioni e mezzo di persone senza lavoro e i giovani sfiorano il 45 per cento. Io ho lasciato il Paese nel 2004 con una disoccupazione del 10,5 per cento: cosa è successo nel frattempo? Perché non è stato fatto niente per reagire all’onda anomala che stava arrivando? L’errore strategico del governo è stato pensare che la crisi non sarebbe arrivata».
La politica ha fallito, ma il modello sociale di Zapatero ha vinto?
«Credo che oramai Zapatero abbia abusato di questo modello. Le sue battaglie sono fatte di retorica, basate su colpi di scena. È la sua strategia per nascondere la sua incapacità, la sua incompetenza. Come quando ha fatto una battaglia per garantire diritti anche alle scimmie».
Cosa pensa della nuova legge sull’aborto?
«Come si fa a sostenere che l’aborto è un diritto naturale per le adolescenti? Oltretutto si sottolinea che un intervento dei genitori è una ingerenza inammissibile. Questa è la morale di Zapatero? Lo dico ai padri e alle madri. Ecco le vostre figlie minorenni che si sbarazzano di un feto senza neppure dirvi sono incinta».
Cosa resterà della sinistra?
«Molto poco. La cultura dell’orgoglio gay e l’aborto libero per le adolescenti. Non sono questi i problemi principali di un Paese».
Cosa pensa della proposta di Berlusconi di portare Israele nell’Unione europea?
«Sono d’accordo. Israele non è un Paese del Medio Oriente ma un’enclave occidentale e democratica nel mondo islamico. È per questo che deve entrare nella Ue. È il nostro confine».
In Italia ci sono tante polemiche sul funzionamento della giustizia. Secondo lei ci vorrebbe una riforma?
«La democrazia italiana non può essere condizionata dal metronomo della giustizia».
L’Eta fa ancora paura?
«Certo. L’Eta resta un problema. Anche in questo la politica di Zapatero è fallita».
Chavez è accusato di avere relazioni con l’Eta. È vero?
«Da sempre si sa che Chavez è più amico delle Farc che della Colombia. Ogni gruppo terrorista ha relazioni con l’Eta. È una verità all’interno dell’Occidente.

Si può infettare e diventare un canale per tutti i tipi di fondamentalismo»
Chavez è colpevole o da assolvere?
«Dire che Chavez sia amico dell’Eta mi sembra poco opportuno».
Si è pentito di quel gesto?
«Quale gesto?»
Quel dito medio sbattuto in faccia agli studenti di Oviedo.
«No, per niente. Ci rido sopra, con le persone sfacciate la risposta deve essere sfacciata».

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