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Lo spagnolo ripensa a Monza: «I torti subiti bruciano ancora»

«Siamo ottimisti e non smetterò di ribattere alle ingiustizie. Non ho paura di diventare impopolare»

nostro inviato a Shanghai
C’è un elicottero che gli ronza in testa e non si sente nulla mentre parla lui. Il campione del mondo sta ribadendo punto per punto la sua rabbia per la Formula uno «che non è più uno sport» e si sta di nuovo scaldando per le «ingiustizie subite a Monza». Senza mai nominarla, Fernando Alonso ha appena terminato il suo j’accuse contro la Federazione mondiale, quando comprende che in molti non riescono più a sentirlo. Allora s’interrompe, guarda verso l’elicottero e si lascia scappare: «Chissà chi l’ha mandato, quell’elicottero...».
La singolar tenzone in tre atti che aggiudicherà il mondiale 2006, nella metropoli cinese inizia così. Con il tedesco che parla sereno da una parte e lo spagnolo che parla incacchiato dall’altra. «Come sempre sono molto fiducioso – dice -. Siamo pronti per queste tre gare: la macchina è a posto, il motore è potente e veloce, i guai di Monza (la rottura, ndr) sono stati superati».
Fernando, però adesso siete praticamente pari: se qui le va male, la Rossa e il tedesco passano davanti.
«Io non penso al distacco, io penso solo a vincere. Comunque è chiaro: il mondiale si decide adesso, e dipende solo da noi. Se Schumacher e la Ferrari lavoreranno meglio, saranno loro i campioni; e lo avranno meritato».
Teme altri guai in pista, errori, penalità?
«No, questo è un circuito largo, con ampi spazi per i sorpassi e i doppiaggi».
Non pensa più che la F1 non sia sport?
«Lo penso eccome: non sono uno che dice qualcosa se non lo pensa».
E se non è sport, che cos’è?
«Un grande show in cui succedono tante cose che in altre categorie motoristiche non accadono».
Quindi è ancora arrabbiato come dopo la penalizzazione presa a Monza?
«Certo, sono arrabbiato nella stessa maniera, però, allora come oggi, quando salgo in macchina tutto resta fuori».
Gran premio d’Italia a parte, lei ha pure bollato Schumacher di antisportività. Non è stato un tantino esagerato?
«Sono i giornali spagnoli che a volte parlano troppo... Io ho detto che se devo paragonare Zidane, un mio idolo, e Schumacher, trovo che il francese sia stato uno sportivo migliore e con maggiore fair play».


Ma lo sa che lei, nonostante abbia già vinto un mondiale, e sia in lotta per il secondo titolo consecutivo, secondo un sondaggio è quattro volte meno famoso di Schumacher?
«Ma a me non interessa essere popolare, a me interessa solo correre e vincere».

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