Spese record per cibo e tabacco ma sulla cultura si tira la cinghia

Tempi duri per gli italiani. Con la corsa senza freni dei prezzi di molti generi alimentari e dell’energia diventa sempre più difficile mantenere le nostre abitudini di spesa. E nonostante gli allarmi e gli inviti a contenere i prezzi, i rincari continuano. L’ultima rilevazione sul prezzo della pasta, ad esempio, rivela che un aumento tra maggio e giugno del 6,3% (dati Unioncamere).
Il tema dell’inflazione però non è d’attualità solo in Italia. Non a caso l’ultimo numero del settimanale Newsweek dedicava il servizio di copertina all’angoscia da carovita che attanaglia il mondo. Ma non dappertutto in modo uguale.
Da un’analisi della Banca mondiale sui panieri di beni e servizi di tutti i Paesi del mondo, si evince ad esempio che gli alimentari coprono il 9 per cento delle nostre spese quotidiane. Un dato che mostra come l’Italia, se paragonata ad altri Paesi sviluppati, come Stati Uniti e Canada, dove si spende rispettivamente il 6 e l’8% in alimentari, sia penalizzata in modo decisamente più marcato dall’aumento dei prezzi dei generi di prima necessità, che frenano i nostri consumi. C’è però chi sta peggio di noi. Sul versante «cibo» i più penalizzati sono i Paesi poveri. L’Etiopia, per esempio, spende il 55% proprio in alimentazione, mentre, in Sud Africa, si scende al 18%, dato analogo a quello della ricchissima Arabia Saudita.
Sempre stando al rapporto della Banca mondiale, l’altra voce che ci vede penalizzati è quella di alcolici e fumo. L’Italia investe su Bacco e tabacco il 6% del proprio budget, il triplo di Paesi come la Francia e gli Stati Uniti (un dato che per gli Usa non sorprende viste le massicce campagne anti-sigaretta degli ultimi anni.
La vera sorpresa arriva però dalla colonna dei bilanci delle famiglie intestata a «energia e benzina». Nonostante il prezzo del carburante in Italia sia tra i più elevati del mondo e si sprechino le denunce per il caro-bolletta dell’energia a confronto del resto d’Europa, nella Penisola la spesa si attesta al 12% del totale del nostro paniere. Negli Stati Uniti arrivano a «bruciare» il 16% dei propri stipendi, in Canada il 20 e in Francia addirittura il 20. Evidentemente, anni di caro-energia ci hanno insegnato a essere più parsimoniosi.


Nel vestiario l’Italia spende poco, solo il 4%, così come Francia, Canada, Usa. Infine, le voci educazione e cultura, dove noi, con il 4% siamo uno dei fanalini di coda, se paragonati al 10% della Finlandia e al 9% degli Usa.

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