Non ci sono attenuanti per Gianluca Comazzi, presidente della Federazione italiana benessere animale, sulluso delle bestiole nel circo. Per una regola etica e per una politica. «Già il fatto che un elefante o una tigre non vivano nel loro ambiente naturale - esordisce lex Garante sugli animali della Giunta Moratti - implica una loro comprensibile sofferenza. Perché un elefante dovrebbe alzarsi su due zampe o una tigre attraversare un cerchio di fuoco? Non sono nati per questo e mostrarli in tali esibizioni è anche diseducativo per i bimbi, che si abituano a vederli sfruttati e non amati». Laggiù nella savana, verrebbe da dire, le bestie, più o meno feroci, conducono unesistenza a misura di paradiso. Con un tendone e un pubblico non centrano nulla. Ma siamo certi che in questa dimensione patiscano un inferno? «Non cè dubbio alcuno. Inoltre, i domatori sostengono che oggi li educano con il gioco e non con la forza. Non è vero. Non abbiamo nulla contro il circo, anzi crediamo che acquisti più peso culturale se punta esclusivamente sullabilità dei suoi artisti, eliminando la presenza degli animali, come fa un esempio molto qualificato del settore, Le cirque du soleil».
Scatta a questo punto latteggiamento politico da addottare nei confronti di uno spettacolo che ha sugli omeri una gloriosa quanto romantica storia, apprezzata tra laltro da personaggi del calibro di Federico Fellini. «I circhi sono protetti da una legge nazionale - continua Comazzi -. Ma questo non impedisce alle amministrazioni comunali di porre loro il veto di esibirs».
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