da Venezia
Due pittori, marito e moglie, nella Danimarca del primo '900. Einar è un apprezzato paesaggista, Gerda una ritrattista che fatica a imporsi. È convenzionale, ma senza troppo crederci, potrebbe essere moderna, ma le mancano soggetto e motivazioni. L'Europa del Nord è rigida, austera e protestante, Copenaghen non è Berlino, tantomeno Parigi... Potrebbero continuare così in eterno, innamorati e complici in un gioco di coppia dove arte, passione e successo marciano su binari separati, non fosse che Gerda ha un piglio più virile di Einar, delicato e sognante come la sua pittura. Così, quasi per gioco, lei si sorprende a sottolineare la femminilità di lui, l'androginia, la purezza dei lineamenti, un certo gusto per il travestimento. Trova, insomma in lui la modella che ha sempre sognato, quella in grado di spingerla in un'avanguardia dove i generi sessuali si mischiano, i costumi si liberano, le regole si infrangono. Ma Einar si rende conto che la «Lili» immaginaria e immaginata dei ritratti a cui presta volto e fisico è molto più di un travestimento e/o una finzione. È la propria essenza nascosta, negata o lasciata assopire nell'infanzia e nell'adolescenza, ha un'anima imprigionata in un corpo e in un genere che non sente più come suo...
The Danish Girl di Tom Hooper, ieri in concorso, si basa su una storia vera, quella dell'artista Einar Wegener che fra le due guerre assunse il nome di Lili Elbe, raccontò in un diario pubblicato postumo, Una donna dentro un uomo , il processo di trasformazione, si sottopose a rischiosi interventi chirurgici conclusisi tragicamente. Da questa vita, molti anni dopo, quando per il mondo transessuale Einar-Lili aveva assunto le dimensioni di un'icona, la pioniera del transgender, lo scrittore David Ebershoff trasse liberamente un romanzo, La danese (edito da Guanda), su cui si basa il film.
Girato da un premio Oscar (per Il discorso del re ), interpretato da un altro premio Oscar, Eddie Redmayne (per La teoria del tutto ), The Danish Girl è un prodotto sontuoso, mai banale, un po' ruffiano. Più o meno tutti vorremmo che gli altri fossero felici, che ognuno potesse realizzarsi, che non ci fossero limiti alla felicità... «Certo, la chiave del film sta nell'amore e nella compassione» dice il regista. «L'accettazione delle differenze, la capacità di andare in soccorso dell'altro: sotto questo aspetto Gerda è una figura esemplare. Ma è anche un film sul potere dell'arte. Einar intraprende un viaggio-ricerca in virtù dell'immagine che pittoricamente la moglie fa di lui. Entrambi, a un certo punto, si rendono conto che nulla potrà essere più come prima, ma è nella reciproca fiducia e affetto che ciascuno accetta il cambiamento».
Alicia Vikander dà alla sua pittrice un piglio mascolino, ma senza mai cadere nel ridicolo, Amber Heard è Oola Paulson, ballerina e amica di famiglia che «non giudica, ma aiuta il protagonista a essere se stesso, contro le convenzioni sociali», Matthias Schoenaerts il compagno d'infanzia di Einar. È comunque Redmayne l'attore intorno al quale ruota tutto il film. «Rispetto a un personaggio come lo scienziato Stephen Hawking di La teoria del tutto , si trattava di rendere qualcosa di completamente diverso. Mi ha molto aiutato l'incontro con alcuni transgender, la loro disponibilità, la loro apertura. È un film che volevo fare da molti anni, una storia esemplare, raccontata in una sceneggiatura perfetta».
Negli anni Sessanta del '900, l'inglese James Morris, che aveva fatto la Seconda guerra mondiale come ufficiale, da giornalista aveva seguito la spedizione inglese sull'Himalaya, era un affermato scrittore di cose militari e di libri di viaggio e un marito e un padre esemplare, decise di cambiare sesso e nel giro di un decennio divenne Jan Morris. Il perché di quel cambiamento, le paure e le speranze a esso connesse, le affidò a un libro che aveva per titolo Conundrum . Parola di origine incerta, sta per enigma, mistero, dilemma... Appunto.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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